Pd, Serracchiani: “Noi facciamo la sinistra, la Lega invece mina il governo”

Letta ha detto che, se non avesse fatto la forzatura che ha portato lei e Simona Malpezzi a diventare capegruppo, si sarebbe ritrovato a parlare del Recovery Fund con Draghi con una delegazione di soli uomini. Al di là degli atti simbolici, il Pd ha cambiato il suo sguardo sulla questione femminile?
“Penso di sì e si capisce dalla proposta che abbiamo fatto, concreta e rivoluzionaria: inserire giovani e donne come condizionalità trasversale a ogni iniziativa del Recovery”.

Ad esempio?
“Ad esempio, non basta stanziare solo un fondo per l’imprenditoria femminile, serve che si aiutino di più e si diano risorse alle imprese che investono sulla parità. È un modo nuovo di guardare al problema, mettendo donne e giovani al centro di ogni intervento”.

Lei è una dirigente del Pd da molto tempo. Quando vi siete ritrovati senza donne nella delegazione ministeriale, quando Letta ha posto la questione come primo atto del suo mandato, non ha sentito una responsabilità per non aver mai considerato centrali questi temi?
“L’ho avvertita a tal punto che ho ritenuto di non tacere: sono stata tra le prime a dire che non avere ministre al governo era una battuta d’arresto grave. Non ci si era resi conto che la pandemia aveva riportato al centro la questione femminile”.

Come mai secondo lei?
“Perché le donne hanno perso più posti di lavoro, perché su di loro si è scaricata più che mai la cura dei non autosufficienti e dei bambini, perché sul lavoro sono loro ad ammalarsi di più di Covid: i dati Inail ci dicono che su 100 contagiati professionali 70 sono donne. Sono la prima linea. Tutto questo ha fatto saltare un tappo anche dentro al Pd”.

Letta ha proposto un patto di ricostruzione del Paese sul modello del governo Ciampi. Parte anche da qui?
“Certo. È importante che forze politiche, sociali, imprenditoriali si mettano insieme. Per il Recovery, abbiamo proposto di puntare sulle infrastrutture sociali, sul lavoro e sul Sud. Quindi sanità territoriale – che serve in Calabria come in Lombardia – case di comunità per dare risposte alle famiglie che hanno quasi tutte malati o persone non autosufficienti a carico. Infrastrutture sociali, nidi d’infanzia, welfare aziendale per liberare il tempo delle donne”.

REP.IT

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