Crisanti: “Riaprire è una stupidaggine epocale, rischiamo di giocarci l’estate”

Francesco Rigatelli

MILANO. «Le riaperture sono una stupidaggine epocale. Rischio calcolato? Di calcolato vedo ben poco e il vero rischio è giocarci l’estate». Andrea Crisanti, professore ordinario di Microbiologia a Padova, non le manda a dire al governo Draghi.

Secondo lei come si è arrivati alla decisione delle riaperture?
«Purtroppo l’Italia è ostaggio di interessi politici di breve termine, che pur di allentare le misure finiranno per rimandare la ripresa economica». Qual è la situazione attuale?
«Da settimane viaggiamo tra i 15 e i 20 mila casi al giorno: un plateau altissimo, che non consente di progettare riaperture».

Cosa si potrebbe fare?
«La decisione è stata presa e il governo se ne assumerà la responsabilità. L’unica sarebbe potenziare la vaccinazione, ma tra forniture, disorganizzazione e diffidenza verso AstraZeneca pare difficile superare quota 350 mila».

Lei rimanderebbe le riaperture a giugno?
«Non è una mia opinione, ma di chiunque si basi sui dati. Sento parlare di rischio calcolato, ma come? Di calcolato vedo ben poco e il vero rischio è giocarci l’estate. Allora diciamolo chiaramente: la scommessa è riaprire ora per vedere se a giugno dobbiamo richiudere tutto».

La gradualità, i vaccini e il clima potrebbero aiutare?
«Il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, ieri è stato diplomatico, mentre io che non ho vincoli lo dico chiaramente: riaprire ad aprile è una stupidaggine epocale».

Lei cosa farebbe?
«Copierei l’Inghilterra, che ha vaccinato il 65% della popolazione e si permette timide riaperture. Bisogna diminuire di molto il contagio prima di alleggerire le misure, altrimenti senza tamponi e tracciamento riparte in poche settimane».

L’estate prossima sarà più difficile di quella passata?
«Non dimentichiamo che Israele fu costretto al lockdown in pieno agosto. L’anno scorso venivamo da forti chiusure, mentre ora ci presentiamo alla bella stagione in ordine sparso. La vita all’aria aperta può mitigare il contagio, ma non risolve il problema. Teniamo anche conto dell’esperienza cilena, dove il 40 per cento della popolazione protetta dalla vaccinazione non ha arginato l’epidemia».

Quando raggiungeremo l’immunità di gregge?
«Penso che la sfioreremo soltanto. Bisognerebbe vaccinare 40 milioni di italiani entro l’autunno, senza contare i giovani e i dissenzienti, e poi ci sono le varianti, il problema della durata dell’immunità, i richiami…».

Sulle varianti e sull’immunità però ci sono buone notizie.
«Le varianti sembrano sotto controllo, ma non si sa mai e ne possono arrivare di nuove. I guariti hanno un’immunità di almeno 10 mesi, mentre sui vaccinati c’è ottimismo senza però dati definitivi».

Lei come lo vede il futuro?
«Purtroppo ci sono decisioni che hanno conseguenze. Penso alle leggerezze dell’estate scorsa, ma anche a quelle attuali. Il futuro lo si scrive in base alle decisioni che si prendono».

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