La grana per Draghi sono i licenziamenti, non il Recovery. Asse sindacati-5s
La questione era stata chiusa due settimane fa. E l’aveva chiusa Mario Draghi, che in conferenza stampa aveva parlato di “una posizione nota” sui licenziamenti. Sblocco in due tempi: per le grandi aziende dal primo luglio, per le più piccole da fine ottobre. Mario Draghi oggi, 20 aprile. All’ora di pranzo i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil si presentano a palazzo Chigi, convocati per parlare di Recovery e dei temi economici in agenda. La richiesta: niente licenziamenti dal primo luglio. Il premier rimanda all’incontro che il ministro del Lavoro Andrea Orlando terrà proprio con i sindacati domani. Non risponde né sì né no. Dice però una cosa tutt’altro che secondaria: “La discussione avverrà in quella sede”. Non è uno scaricabarile su Orlando, ma la consapevolezza che la questione è tutt’altro che chiusa. Bisognerà ancora mediare. Il dato nuovo, che scompiglia ancora di più la situazione, è però un altro: sono i 5 stelle, cioè un pezzo del Governo, a chiedere una nuova proroga del blocco dei licenziamenti.
Perché lo schema sui licenziamenti potrebbe cambiare nuovamente non è una questione che riguarda solo l’idea di Draghi. Il premier – assicurano fonti di palazzo Chigi – la pensa sempre allo stesso modo e cioè che il blocco dei licenziamenti, in vigore da fine febbraio dell’anno scorso, non può durare all’infinito. E – proseguono le fonti – la decisione assunta con il decreto Sostegni di marzo non può essere messa in discussione dopo appena un mese. Ma Draghi sa che a contare è anche quello che dice la maggioranza che sostiene il Governo. E questa volta i 5 stelle, da sempre più attivi nella richiesta della proroga del blocco, si sono mossi con largo anticipo. Non con veline o ragionamenti tenuti all’oscuro del dibattito pubblico. Ma in Parlamento. Più di un emendamento al decreto Sostegni, all’esame del Senato, prevede un’ulteriore proroga dello stop ai licenziamenti: per tutte le aziende fino al 31 ottobre e fino al 31 dicembre per quei datori di lavoro che hanno accesso alla cassa integrazione in deroga e all’assegno ordinario e che non hanno usufruito delle 28 settimane previste per la prima delle due forme di ammortizzatore sociale. Altro non sono che le aziende più piccole e più fragili. Tutte queste proposte di modifica hanno la firma dei 5 stelle. La prima firma è di una figura di peso del Movimento: l’ex ministro del Lavoro Nunzia Catalfo.
I grillini si muovono in Parlamento e lanciano un segnale a Draghi. Ma il pressing sul presidente del Consiglio ha anche un’altra matrice e soprattutto un possibile sviluppo differente. I sindacati premono per allungare il blocco dei licenziamenti fino alla fine dello stato di emergenza che il Governo si appresta a prorogare fino al 31 luglio. Una strategia in linea con quella portata avanti fino ad ora e cioè affiancare lo stop dei licenziamenti all’emergenza sanitaria. Il leader della Cgil Maurizio Landini ha ricordato a Draghi che dal primo luglio ci sono centinaia di migliaia di posti di lavoro a rischio nell’industria e nel settore delle costruzioni. E ha aggiunto un’altra questione, parallela a quella dei licenziamenti e allo stesso tempo seconda gamba della strategia dei sindacati: la riforma degli ammortizzatori sociali. Sono circa 3 milioni i lavoratori che prima della pandemia non avevano una protezione. Anche se non contemporaneamente – è il pensiero di Cgil, Cisl e Uil – questi lavoratori potrebbero ritrovarsi senza lavoro e senza un ammortizzatore sociale. Riassumendo: prima la riforma degli ammortizzatori, poi lo sblocco dei licenziamenti per i lavoratori delle imprese più piccole.
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