La grana per Draghi sono i licenziamenti, non il Recovery. Asse sindacati-5s

E qui si arriva all’evoluzione della questione licenziamenti. I sindacati cercano sponda anche nel Pd. Al ministero del Lavoro c’è Orlando e il ministro, dal giorno del suo insediamento, si è impegnato per assicurare una riforma degli ammortizzatori capace di attutire il colpo dello sblocco dei licenziamenti. La riforma, però, è in preda ai veti incrociati di sindacati, Fondi e imprese. Di tempo ce n’è ancora parecchio e infatti il blocco dei licenziamenti fino alla fine di ottobre per le piccole imprese è nato anche dalla consapevolezza che una riforma di questo genere ha bisogno di tempo. Ma la proroga dello stato di emergenza e la riapertura del Paese che sarà graduale danno ai sindacati più forza nel rivendicare un ulteriore allungamento del blocco dei licenziamenti. In ambienti del Pd, tra l’altro, si sottolinea che questa strada è tutt’altro che un’eresia. La questione si articola ancora di più se si considera che il lavoro è un tema strategico, foriero di grandi problemi tra licenziamenti e fallimenti di aziende, ma anche importante dal punto di vista del consenso politico che si vuole raccogliere. I 5 stelle, che ne hanno fatto un tema proprio con il reddito di cittadinanza e poi con il reddito di emergenza, vogliono mantenere e anzi rafforzare questa posizione. Il Pd, da anni in seconda linea, vuole riappropriarsene con la nuova gestione a guida Enrico Letta. 

La grana del lavoro per Draghi e per gli equilibri interni al Governo non si esaurisce qui. Dopo i sindacati, il premier ha incontrato in videoconferenza il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Sul Recovery si marcia insieme. Ma sul lavoro no. Gli industriali chiedono di superare i paletti del decreto Dignità sui contratti a termine. Anche questa è una questione che impatta sull’esecutivo dato che a volere quei paletti sono stati e sono ancora i 5 stelle. Ma Draghi sa che sui licenziamenti e sui contratti a termine esistono anche le ragioni degli industriali. Impossibile non tenerne conto nella definizione delle prossime decisioni.

Intanto il premier incassa il sì delle parti sociali sul Recovery. Anche il ministro dell’Economia Daniele Franco conferma che sarà inviato a Bruxelles entro il 30 aprile, rispettando la scadenza prevista. Prima, tra giovedì e venerdì, arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri. Dentro ci saranno almeno 20 miliardi per la sanità e sono 56 i miliardi che il Governo ha messo in conto fino al 2033 per finanziare i progetti che non riusciranno a entrare nel piano. Sui soldi che arriveranno dall’Europa nessuno può permettersi di alzare barricate. Il Pil che nel primo trimestre è risultato ancora negativo, toccando quota -1,2%, è lì a ricordare che la ripresa va costruita con le riaperture e con il Recovery. Per tornare ai livelli pre-Covid nel 2022. Un anno dopo la Germania. Sempre che non ci siano “interruzioni”, ha messo in evidenza Franco. I rischi al ribasso ci sono. Ma ci sono anche 200 miliardi. 

L’HUFFPOST

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