Nuovo decreto, la Lega si astiene. Draghi: «Fatto grave che fatico a comprendere»
È a quel punto che arriva la telefonata di Salvini, con l’ordine di scuderia di non dare il via libera a un testo che lui stesso aveva definito «di buon senso». Il ministro dello Sviluppo non è d’accordo, eppure toccherà a lui portare la cattiva novella in Consiglio. Prima però Roberto Speranza illustra le misure del decreto e osserva che la curva del virus mostra segnali incoraggianti: «Con l’Rt a 0,85 possiamo dare un messaggio di ragionata fiducia». Ma ecco che Giorgetti, tradendo un qualche imbarazzo, fa mettere a verbale il no della Lega: «Per ragioni che non sto a spiegare, non possiamo votare questo decreto». Faccia sconcertata del premier e del sottosegretario Roberto Garofoli. «Non possiamo raggiungere un accordo in cabina di regia e poi cambiare tutto per un ultimatum che arriva da fuori», commenta Franceschini. E Draghi, a dir poco seccato: «È un precedente grave, fatico a comprendere. Le decisioni su coprifuoco e ristoranti le avevamo prese insieme».
A sera, dopo una girandola di telefonate incrociate, autorevoli fonti di governo sdrammatizzano con il chiaro intento di superare in fretta l’incidente. A Palazzo Chigi sperano che i dati epidemiologici migliorino in fretta e non si esclude di poter presto allentare le maglie dei divieti. Intanto nella maggioranza monta il timore che Salvini, tallonato da Giorgia Meloni che cresce nei sondaggi, mediti l’addio al governo, ma pubblicamente sia il segretario che Giorgetti frenano e assicurano che la Lega «non ha obiezioni sulla linea». Se pure ne avesse Draghi tirerebbe dritto, convinto com’è che un governo non insegue le bandierine dei partiti, ma «agisce nell’interesse generale».
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