Ora l’Europa ha bisogno di visione e ambizione
Questa forbice che si apre nella società obbliga noi italiani e europei a chiederci qual è la nostra ambizione. A cosa aspiriamo, come collettività? Joe Biden ha chiarito cosa vuole lui per gli Stati Uniti: non riportare il prima possibile l’economia ai livelli di prima della pandemia, ma ai livelli che l’America avrebbe avuto senza la pandemia. Il suo piano di stimolo da 1.900 miliardi di dollari (come se l’Italia ne varasse uno da 150 miliardi di euro) e un secondo in vista fino 3.000 miliardi in infrastrutture hanno precisamente questo obiettivo. La Casa Bianca lo finanzierà prendendosi qualche rischio, ma usando fino in fondo il potere del dollaro, una moneta internazionale che tutti vogliono avere in mano per commerciare e metterla nelle proprie riserve. La Casa Bianca farà debito, la Federal Reserve creerà dollari per finanziarlo e Biden centrerà il suo obiettivo. A livello politico, è stemperare nella società la rabbia degli ultimi che ha alimentato il trumpismo. Anche per questo l’economia a fine anno sarà probabilmente dove sarebbe stata senza Covid, per poi viaggiare anche più in alto rispetto al sentiero che sembrava tracciato prima. Si stima che l’America quest’anno dovrebbe creare fino a un milione di posti al mese, specie per coloro che ne hanno più bisogno.
Noi europei abbiamo l’altra grande moneta di riserva internazionale, non la stessa ambizione. Finora non l’abbiamo avuta. Abbiamo sempre cercato di rimetterci in piedi dopo una crisi, ma non ci siamo mai dati come obiettivo quello di cancellarne le cicatrici nella società. L’anno prossimo il livello di reddito della zona euro sarà del 17,6% inferiore a quello che sarebbe stato se l’area avesse mantenuto la crescita media avuta dall’inizio del secolo fino al 2008 (nel caso dell’Italia del 16,7%, solo perché crescevano così poco anche prima). Significa che ogni lavoratore guadagna in media circa diecimila euro l’anno meno, rispetto al sentiero di crescita tenuto fino a poco più di dieci anni fa. Nel giro di qualche anno, sono differenze che cambiano le prospettive di una vita.
E si vede, purtroppo. Se si tiene conto della cassa integrazione e anche solo di un decimo dell’enorme esercito di «inattivi», in Italia la disoccupazione reale viaggia attorno al 20%. Nel resto d’Europa — anche l’Europa migliore — è inferiore ma non di moltissimo. La domanda per consumi e investimenti è di un quinto al di sotto di quella che sarebbe stata, se solo avessimo proseguito con il passo tenuto fino al 2008.
Queste sono grandezze di una potenza che ha perso una guerra, eppure noi in Europa non l’abbiamo neanche combattuta. Soprattutto in Italia sicuramente abbiamo tante riforme da fare nell’amministrazione, nel Fisco, nella giustizia, nell’apertura dei mercati e faremmo bene a non rinviarle. E occorre che i proventi di qualunque debito siano investiti bene, non sprecati. Ma parte del problema è che mancano in Europa la visione e la determinazione di Biden. Il Recovery Plan e la risposta della Banca centrale europea alla pandemia dimostrano che ci siamo messi in cammino, eppure ancora esitiamo. La nostra psicologia non è cresciuta alle dimensioni della struttura globale che ci siamo dati. I dubbi che serpeggiano nella Bce sull’attuale ritmo di espansione monetaria rivelano qua e là una mentalità da piccolo Paese mercantilista, anche se abbiamo le leve di una grande valuta di riserva globale.
Potremmo creare un nuovo programma da 200 miliardi di emissioni comuni europee per finanziare la ricerca, un altro per le reti digitali e un altro ancora per l’educazione, per esempio. La domanda di quei bond comuni in euro è ovunque nel mondo e dietro comunque ci sarebbe il sostegno della Bce. Rassegnarci a indossare le nostre cicatrici può convenire a chi scommette su una rivolta popolare di segno trumpiano anche in Europa. Ma non è un’alternativa ragionevole.
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