Il derby al governo tra Salvini e i suoi nemici
È un gioco assai pericoloso, destinato a diventare più spericolato mano a mano che si avvicina il turno di amministrative che vale quanto un’elezione politica. Perché è vero che Salvini è Salvini, con la sua provocazione a freddo sul coprifuoco. Ma è anche vero che, con assoluta lucidità, anche gli altri hanno deciso di provocarlo, nella speranza che, prima o poi, tolga il disturbo, andandosene dal governo e, poiché non si può votare, a quel punto nasce una più potabile “maggioranza Ursula” con quel pezzo di Forza Italia che ci sta: a occhio, quella rappresentata dagli attuali ministri azzurri. Se, armato di taccuino, il cronista rivolge a chiunque del Pd la domanda “ma Salvini vuole uscire?”, la risposta da annotare è “magari”.
Ecco: fare in modo che sia costretto a rompere, sulla base del calcolo che, conoscendo il soggetto, non riuscirà a reggere a lungo questo assetto: questa è la linea, quanto realistica o illusoria si vedrà, il cui primo teorico è quella vecchia volpe di Dario Franceschini, ma solo. Evidentemente ha persuaso anche Enrico Letta che, da quando è stato eletto, non ha perso occasione per sventolare il drappo rosso verso il toro leghista o la felpa di Open Arms il giorno prima del pronunciamento del Gup, a Palermo, non proprio un atto di pacificazione. Anche le iniziative come lo ius soli o la testarda tenacia con cui viene portato avanti il ddl Zan contro l’omofobia, provvedimenti non approvati neanche in era giallorossa, in questo quadro, diciamo così, non aiutano, anzi hanno anch’esse il sapore della strumentalità per arrivare a un altro obiettivo. Sensazioni del cronista: tutte pie illusioni, tanto quella di Salvini di togliere Speranza (infatti lo ha capito) sia quella di andare avanti con Draghi senza Salvini, almeno fino al Quirinale. Però anche le illusioni rischiano di logorare il governo.
L’HUFFPOST
Pages: 1 2