Recovery plan, la carta che l’Italia non può sciupare

di Daniele Manca

Immersi in un eterno presente fatto perlopiù di guerriglie verbali, la politica tutta ha dato per scontato che l’Europa fosse lì pronta a girarci quasi un terzo dell’intero ammontare del programma di rinascita Next generation Eu. Un gentile omaggio al nostro Paese. la decisione che a luglio dell’anno scorso presero i 27 capi di Stato si basava sulla comprensione della gravità della situazione. Era l’assunzione di responsabilità da parte di tutte le nazioni dell’Unione di un destino comune. Una così forte assunzione di responsabilità che per la prima volta si decideva addirittura di indebitarsi collettivamente per battere la pandemia e rilanciare il Continente. Quegli oltre 190 miliardi che da Bruxelles dovrebbero arrivare in Italia sotto forma di fondi perduti e prestiti, sono legati a impegni precisi che il nostro Paese ha preso per investire in una transizione ecologica non più rinviabile e in una digitalizzazione che è nei fatti. Ma anche per avviare quelle riforme di cui ogni partito a parole è paladino.

Italia cartina tornasole

Nel piano che la squadra e i ministri del governo hanno scritto ci sono quei riassetti tanto attesi: dalla Pubblica amministrazione alla Giustizia, dalle semplificazioni alle liberalizzazioni. Impegni e tempi di attuazione attraverso cronoprogrammi ai quali sono legate le erogazioni di fondi dell’Europa man mano che si raggiungono gli obiettivi stabiliti e condivisi. L’Unione Europea è a un passaggio fondamentale della sua storia. Di questo se ne sente la tensione in ogni capitale. Al punto che i rilievi fatti in sede di Piano nazionale di resilienza e rilancio (Pnrr) anche all’Italia suonano avulsi dalla realtà di una pandemia che gli Stati stanno combattendo con difficoltà. Ma per le cifre in ballo e per la qualità della sfida e degli ambiziosi obiettivi l’Italia farà da cartina tornasole. Sarebbe perlomeno da ingenui se non peggio, non comprendere che siamo nel mezzo di un processo continuo che si chiama Europa. Ed è un processo continuo anche il Pnrr, basti pensare che dovrà durare fino al 2026. In queste ore e settimane è stato oggetto di confronto e a tratti di veri e propri negoziati tra Roma e Bruxelles. Negoziati che necessitano però una fiducia di fondo tra le controparti. Pena il dover confrontarsi, come troppo spesso accaduto in passato, sulle forme, sulle virgole piuttosto che sulla sostanza. È la fiducia che Mario Draghi si è conquistato in Europa e nel mondo che ci sta garantendo di poter raggiungere l’obiettivo di accedere al Next Generation EU. Di poter lanciare il Recovery plan. È di questo che bisognerebbe essere molto più consapevoli.

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