Recovery plan, la carta che l’Italia non può sciupare

Girandola di istanze

Ma proviamo a riavvolgere anche solo il nastro delle ultime 48 ore che hanno preceduto l’esame da parte del governo del Piano di resilienza. Emerge la poca coscienza da parte della maggioranza della vera partita che si sta giocando. E segnatamente che il primo ministro sta e stava conducendo con l’Europa. Non è passata ora senza che ogni forza politica abbia inviato la propria richiesta a Palazzo Chigi di inserimento di provvedimenti «bandiera» o semplicemente «identitari». Una sorta di trattativa rumorosa, pubblica e poco dignitosa di fronte alla tragedia che ogni giorno ci viene ricordata dal numero di morti e contagi. Una girandola di istanze, reclamando «certezze» sul superbonus al 110% quasi Palazzo Chigi non fosse a conoscenza dell’efficacia e dei problemi di quella misura. O modifiche al coprifuoco come se qualcuno nel governo volesse «punire» categorie o cittadini. O volontà di legare welfare e Recovery plan. Quasi Draghi fosse una controparte. Il governo è nato con priorità precise: un piano vaccinale per combattere più efficacemente la pandemia. E il rilancio di un Paese vittima della crisi economica figlia di quella sanitaria. Il ritmo delle vaccinazioni sta aumentando, pur non negando ostacoli medici, di fornitura e confusioni tra le Regioni. Parallelamente si sta dando sostegno a quanti, non per loro colpa, hanno dovuto fermare le loro attività o hanno perso il lavoro. Pensando però al futuro. E quel futuro è legato all’attivazione del piano europeo Next Generation EU. Servono credibilità e autorevolezza. E sostegno a chi ne ha.

CORRIERE.IT

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