Oscar 2021, Chloé Zhao doppietta storica con «Nomadland». Delusione per Laura Pausini, niente statuetta
Edizione unica, questa degli Academy Awards numero 93. Per mille motivi legati prevalentemente, ma non solo, alla pandemia. Innanzitutto, nell’anno dei cinema chiusi quasi ovunque, lo spostamento di data della cerimonia, da fine febbraio a fine aprile, con l’effetto di averla trasformata nella stagione dei premi più lunga di sempre. Ma unica e diversa questa edizione degli Academy Awards lo è stata anche per la quantità di nomination all’insegna di quel rispetto per le differenze invocato da anni, dopo le polemiche #OscarsSoWhite.
Diversi i luoghi, al tradizionale Dolby Theatre di Los Angeles, se ne sono aggiunti altri a partire dalla Union Station. E di modalità. Non collegamenti zoom ma presenze, seppur centellinate e in sicurezza, con tanto di timido red carpet, per potersi candidare come show della possibile ripartenza. Tra i presentatori oltre a Brad Pitt, Viola Davis, Halle Berry, Reese Witherspoon, Renée Zellweger, Joaquin Phoenix, Harrison Ford, Laura Dern. Ma lo show diretto da Steven Soderbergh —da noi trasmessa da Sky sul canale Cinema Oscar (replica lunedì 26 alle 12.15) —, ha sorpreso anche per alcune scelte di scaletta, come quella di decretare prima il miglior film e poi gli attori. Forse nella convinzione che sarebbe stato Chadwick Boseman per Ma Rainey’s Black Bottom a vincere tra gli attori (sarebbe stata la terza volta per un riconoscimento postumo). Alla fine, visto che Hopkins è rimasto in Galles e non ha fatto il discorso di ringraziamento, il finale è stato all’insegna della confusione. Tra i momenti che restano, il discorso di Regina King («Se le cose fossero andate in modo diverso la settimana scorsa a Minneapolis, avrei scambiato i miei tacchi con scarponi per marciare – riferendosi al processo per l’assassinio di George Floyd —. Sono madre di un figlio nero che si preoccupa per la sua incolumità»). E Glenn Close (a mani vuote, alla sua ottava nomination) che balla sulle note di Da Butt. Come Per la cronaca, esce a mani vuote Il processo ai Chicago 7, solo due statuette per Mank di David Fincher (entrato con dieci nomination), una comunque di più di Quarto potere di cui racconta la genesi. Due premi anche per Sound of metal, Soul, Ma Rainey’s Black Bottom, Judas and The Black Messiah. Ma le tre statuette di Nomadland valgono anche di più.
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