Salvini, Letta e il ritorno di Ursula

Salvini oggi si trova in una posizione alquanto diversa. Se dovesse decidere di lasciare la maggioranza — in cui, con suoi ministri, è rientrato da neanche tre mesi — provocherebbe un terremoto, che, però, non implicherebbe un cambio a Palazzo Chigi. Dopodiché consegnerebbe agli avversari un partito con cui è formalmente alleato, Forza Italia, e andrebbe ad aggiungersi, all’opposizione, a una formazione che c’è già ed è in costante crescita, quella di Giorgia Meloni.

In quel che Prodi ha intuito, c’è, però, un fondo di verità. È possibile che l’astensione salviniana sul coprifuoco si riveli un colpo sparato a salve, ma il leader leghista ha comunque già da ora ottenuto l’effetto di spingere Forza Italia, sia pure impercettibilmente, in direzione del «campo di Ursula». Da adesso in poi, Enrico Letta (con pochi problemi dal momento che, in compagnia di Berlusconi, ha già guidato, nel 2013, un esecutivo) agiterà di fronte a Salvini il drappo rosso per indurlo a compiere un secondo passo come quello del coprifuoco e poi magari un terzo, così che il leader del Carroccio si ritrovi — senza neanche accorgersene — sull’orlo della rottura con Mario Draghi. Se Salvini entrerà in urto con Draghi, il segretario del Pd otterrà, oltre all’approvazione entusiasta della propria area di riferimento, che si spalanchi la via per la riconquista, nel nome di Ursula, del cuore di Berlusconi. Quel Berlusconi — per il Pd ormai ex nemico pubblico numero uno — al quale, tra breve, potrebbe miracolosamente toccare in sorte di essere indicato, dall’intera sinistra, come il nuovo «punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste».

CORRIERE.IT

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