Variante indiana, i primi due casi in Veneto

di Michela Nicolussi Moro

VICENZA — Dopo il primo caso segnalato a Firenze il 10 marzo, ieri la variante indiana del Covid-19 è stata sequenziata in Veneto, su due residenti nell’ Alto Vicentino. Si tratta di padre e figlia indiani che, rientrati dal Paese d’origine nei giorni scorsi, si sono messi in autoisolamento e hanno allertato subito l’Usl Pedemontana di Bassano. Il Servizio d’Igiene ha sottoposto a tampone loro e altri due componenti della famiglia, uno dei quali risultato a sua volta positivo. I campioni di padre e figlia sono stati inviati all’Istituto zooprofilattico delle Venezie (Izv), con sede a Padova, che fa parte dei centri selezionati dall’Istituto superiore di Sanità per una periodica ricerca delle varianti del coronavirus e che ha appunto caratterizzato quella indiana.

A questo punto estesa al terzo componente della famiglia, dicono i ricercatori, benché il suo campione non sia stato sequenziato. I tre sono seguiti a domicilio, perché presentano sintomi lievi.

«Va riconosciuto ai pazienti di avere seguito in modo molto scrupoloso le regole – nota Carlo Bramezza, direttore generale dell’ Usl Pedemontana -, ciò ha sicuramente ridotto il rischio di un’ ulteriore diffusione della variante indiana. È la dimostrazione che il Sistema sanitario funziona a patto che ci sia senso di responsabilità da parte di tutti».

Ma non è finita. Lo Zooprofilattico sta lavorando sui campioni sospetti prelevati da due residenti nel Veneziano, risultati positivi al tampone dopo un contatto con un bengalese. «Le mutazioni del virus evidenziate in questi pazienti possono far pensare alla variante indiana – spiega Antonia Ricci, direttore generale dell’ Izv -, le verifiche sono in corso. La nuova variante del Covid-19 presenta tre mutazioni nella proteina Spike, elemento che rende necessario tenerla sotto osservazione (qui un approfondimento). Non sappiamo se diventerà preoccupante come quelle inglese, brasiliana, nigeriana e sudafricana, a parte l’ ultima tutte identificate anche in Veneto, comunque ne abbiamo messo le sequenze a disposizione della comunità scientifica. C’è ancora la brutta abitudine, da parte di alcuni ricercatori, di condividere dati importanti solo dopo aver pubblicato i loro studi, ma in tempo di pandemia è vitale alimentare un continuo flusso di informazioni. Al momento – conclude Ricci – sappiamo che le mutazioni riscontrate nella variante indiana, comuni a quelle emerse in altre varianti, potrebbero ridurre l’ efficacia dei vaccini, degli anticorpi prodotti naturalmente dal nostro sistema immunitario e dei monoclonali».

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