Ultima chance per rimettere in piedi l’Italia
Marcello Sorgi
Una rivoluzione: cos’altro è quella annunciata da Draghi alla Camera, illustrando il Pnrr, il Piano nazionale per la ricostruzione post-Covid di cui da giorni circolavano le bozze? E chi altri, se non lui, poteva proporla, accettando la sfida di un cambiamento radicale del Paese, pur sapendo che non è affatto facile ottenerlo, senza uno “sforzo corale” degli italiani, ancora tramortiti dalla pandemia? Forse è proprio per questo che Draghi ha detto chiaramente che è in gioco il nostro destino. E lo ha fatto con tale convinzione, che anche una parte delle opposizioni che lo contestavano per i tempi ridotti assegnati al dibattito parlamentare, quando ha finito di parlare hanno cambiato tono. Digitalizzazione, innovazione e competitività. Transizione ecologica nell’agricoltura, nella produzione di energia, nell’efficientamento degli edifici, nella riduzione dell’inquinamento. Strade e treni veloci anche al Sud. Sostegno alla ricerca, ma anche all’istruzione di base e a quella professionale. Politiche attive per il lavoro, leggi: aiutare chi lo perde a ritrovarlo e orientare chi lo cerca verso il futuro.
Salute, per non ritrovarsi più a dover ammodernare le strutture sanitarie nel mezzo di un’emergenza. Misure per favorire la ripresa della natalità. Sono solo titoli e sottotitoli delle sei missioni contenute nel Piano, insieme a una filosofia che Draghi ha spiegato e ripetuto varie volte: parità tra uomini e donne e, almeno come tendenza, riduzione del divario Nord-Sud, aggravato da questi ultimi anni di abbandono.
Per fare tutto questo ci sono 248 miliardi, oppure, secondo altri calcoli, 261: cifre mai viste, assegnate a un Paese, come il nostro, che ha sempre avuto difficoltà a impiegare i fondi europei, o li ha fatti perdere in mille rivoli, senza alcun effetto significativo. Cosa spinge allora Draghi a ritenere che stavolta le cose possano andare diversamente? Non a caso il premier ha citato De Gasperi e la stagione del Dopoguerra. Per certi versi, non è un’esagerazione, la situazione è analoga. Il Covid ha distrutto l’Italia: non ha spianato le città come i bombardamenti, ma ha diffuso il veleno del virus che ha portato i morti a oltre 120 mila, colpito negli affetti migliaia e migliaia di famiglie, fermato le imprese, addormentato i mercati, messo a rischio milioni di posti di lavoro. Solo un forte intervento dall’alto, come fu appunto quello della Ricostruzione, e soltanto un diffuso impegno della gente può segnare il destino, imponendogli una svolta che di qui ai prossimi cinque, sei, sette anni cambi completamente il volto del Paese.
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