Ama a Roma, scandalo cremazione: nei cimiteri oltre 2000 bare in attesa di sepoltura. «Solo un dipendente al lavoro»

di Antonio Crispino

La signora Wanda aveva 90 anni, è morta il 22 gennaio 2021. Ad oggi il figlio Adriano non è riuscito ancora a darle una sepoltura. Quando a inizio marzo l’agenzia di onoranze funebri ha scritto ad Antonello Ferrigno, responsabile dell’ufficio Cremazioni di Ama, la società municipalizzata che si occupa della gestione dei cimiteri nella capitale, gli è stato risposto che l’appuntamento era fissato per il 13 luglio 2021. Sette mesi dopo il decesso. E a niente sono servite le proteste di Alessandro Necci, il titolare dell’agenzia «La Sfinge». Telefonicamente ha tentato di spiegare che «non era opportuno tenere una salma in una bara per sette mesi, benché fosse di zinco». Non è l’unico caso anche se sicuramente quello più eclatante. Al cimitero Flaminio, più noto come Prima Porta, il più grande d’Italia con i suoi 140 ettari di estensione, si stima che siano circa 2500 le salme in attesa. Si vedono bare affastellate in ogni angolo. Anzi, si vedevano. Perché da quando il deputato del Pd Andrea Romano ha denunciato lo scandalo, la parola d’ordine è «coprire tutto e chiudere i cancelli». Così, per verificare in che condizioni versano i cimiteri di Roma Capitale è necessario munirsi di una telecamera nascosta.

A Prima Porta i defunti vengono stipati in quattro depositi: la camera mortuaria, le celle frigo, un deposito accanto alla chiesa e il forno crematorio. I cancelli sono chiusi e i giornalisti allontanati dalla vigilanza. Ma le salme arrivano senza sosta e quei portoni è necessario aprirli, almeno quelli della camera mortuaria. Ci sono 250 bare, alcune ancora con i fiori sopra. Per distinguerle hanno applicato con l’adesivo un foglio A4 che penzola da un lato con il nome del deceduto. Altre 500 si trovano nei pressi del forno crematorio, è poco più sopra rispetto alla camera mortuaria. Le troviamo all’esterno, alcune all’aperto, sotto il sole di questi ultimi giorni. Un operaio ci confessa timidamente che alcune stazionano lì da un paio di mesi. Hanno pensato di coprire lo scandalo con un telo verde e chiudere i cancelli d’ingresso. Ma i feretri arrivano fin lì sotto. Poco distanti ci sono i container refrigerati comprati nel periodo di massima affluenza, tra gennaio e febbraio. «Non sono entrati in funzione subito – ci spiega il titolare di un’agenzia di onoranze funebri -. Inizialmente non sono riusciti a utilizzarli perché si sono accorti che non avevano le prese di corrente compatibili con quelli della refrigerazione. E così hanno dovuto prima modificare l’impianto elettrico». E’ lo stesso che ci spiega come la motivazione del Covid sia una giustificazione debole. In effetti, Ama in un comunicato riporta che ci sono stati 5.000 decessi in più da ottobre 2020 ad oggi rispetto ai mesi analoghi del biennio precedente. «Sono l’equivalente di venti morti in più al giorno, è un numero troppo esiguo per giustificare il caos di questi giorni» ci dice Michele, non vuole essere chiamato con il proprio nome per paura di ritorsioni. «La verità è che c’è stata una sequela di eventi che ha portato a questo disastro». A partire dai licenziamenti seguiti all’inchiesta dei carabinieri dell’anno scorso. Grazie a delle telecamere nascoste nelle tombe i militari riuscirono a svelare la truffa di alcuni operai ai danni dei parenti dei defunti. Li hanno registrati mentre tagliavano a pezzi i cadaveri ancora ben conservati e gettavano i resti nell’ossario comune invece di cremarli.

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