Monoclonali a tutti i contagiati, si allarga la platea per le cure: Aifa pronta ad approvare lo studio
I dati
Stando ai dati forniti dai vari centri, nella settimana dal 16 al 22 aprile i pazienti trattati sono quasi 2900. Rispetto alla settimana precedente, alcune regioni hanno addirittura il segno meno: Sicilia (-15%), Valle d’Aosta (-9%) e Molise (-51%). Il Veneto ne ha prescritti 118, la Toscana 114, il Lazio altri 106, la Puglia 103, il Piemonte 70 e la Campania 67. Tra le Regioni con meno prescrizioni il Molise (2), la Basilicata (8) e la Calabria (9), Umbria e Sardegna (16), Val D’Aosta (20), Abruzzo (23). «In generale – prosegue Drago – la maggior parte delle regioni sono ancora lontane dall’avere una performance accettabile in termini di terapia con i monoclonali. In particolare, in alcune come la Sicilia, il problema si è posto in maniera drammatica perché i flaconi arrivano, ma noi intanto ne utilizziamo pochi. E se dovesse arrivare un’altra fornitura, non sapremmo neanche dove metterli. Il bilancio è assolutamente negativo, ed è assurdo che entrino molti più farmaci di quanti ne escano. Questo vale per la Sicilia, ma anche per altre regioni che stanno in una situazione drammatica, come la Calabria e la Sardegna».
Le categorie
Intanto, per alcune categorie di pazienti si punta ad allungare i tempi per ottenere la somministrazione: ai soggetti immunodepressi si potranno dare i monoclonali anche dopo dieci giorni dall’inizio della sintomatologia. Per incentivarne l’uso, i monoclonali sono stati raccomandati anche nelle ultime linee guida del Ministero della salute sulla gestione domiciliare dei pazienti covid. Ma già qualche regione si era attrezzata per farli somministrare a casa. «La disposizione di procedere alla somministrazione in ospedale è regionale – ricorda Drago – tanto è vero che in alcune regioni vengono dati a domicilio. Non c’è dubbio che il sistema che ci ritroviamo ora per la selezione e somministrazione, con tutti i passaggi necessari, impedisce di fatto l’accesso alla terapia. Ricordiamo che oggi vengono trattati con i monoclonali meno dell’1 per cento dei soggetti positivi che potrebbero usufruirne. È una cifra impressionante, vuol dire che non li usiamo».
IL MESSAGGERO
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