Recovery, la Finlandia e gli altri Paesi che possono rallentare i fondi Ue. I tempi per gli esborsi e le verifiche

Senza il completamento del processo di ratifica delle risorse proprie, che è atteso per fine giugno, la Commissione non può emettere i bond con cui finanziare Next Generation Eu e dunque anche la Recovery and Resilience Facility da 672,5 miliardi, che è il suo strumento principale. È per accedere a quei fondi che l’Italia e gli altri Stati membri consegneranno a Bruxelles entro il 30 aprile i piani nazionali di ripresa e resilienzacon gli investimenti, le riforme e le misure che hanno l’obiettivo di trasformare in modo coordinato l’economia europea post pandemia. La scadenza è morbida, la Commissione darà un paio di settimane in più a quei Paesi che avranno bisogno di più tempo per limare il piano.

I fondi Ue non saranno erogati tutti subito. È previsto un anticipo fino al 13 % del contributo totale, che per l’Italia vuol dire oltre 20 miliardi, al momento dell’approvazione del piano. L’aspettativa è che il pre-finanziamento arrivi a luglio per alcuni Paesi tra cui l’Italia e a settembre per altri. Poi per ottenere le tranche successive l’Italia, così come tutti gli Stati membri, dovrà dimostrare di avere raggiunto gli obiettivi di riforma e di attuazione dei progetti concordati con la Commissione. Le verifiche saranno semestrali e anche gli esborsi.
Una volta presentato il Pnrr a Bruxelles, la Commissione ha due mesi di tempo per fare una valutazione, cui seguirà l’esame del Consiglio che ha quattro settimane per approvare o respingere il piano. Gli Stati Ue e così l’Italia potranno presentare le richieste di pagamento alla Commissione due volte l’anno e dovranno dimostrare di aver raggiunto i traguardi e gli obiettivi concordati e indicati nel piano. Anche per il monitoraggio la Commissione dovrà tenere conto del parere del Consiglio, che arriverà in un secondo momento. Il Consiglio Ue si esprimerà a maggioranza qualificata, però un Paese che ritiene che uno Stato membro non stia rispettando gli impegni presi potrà attivare il cosiddetto «freno d’emergenza» che bloccherà per tre mesi l’erogazione dei fondi e porterà il caso al tavolo dei leader Ue.

CORRIERE.IT

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