Anni di piombo e di tritolo: vent’anni tra brigate rosse e attentati neri
*Gianni Oliva
UN PAESE A DUE VELOCITA’. L’arresto in Francia di personaggi “illustri” coinvolti nel terrorismo degli anni Settanta pone un problema di conoscenza: che cosa sanno i giovani dei “maledetti Settanta”? che cosa sanno quegli studenti a cui la scuola parla poco di storia e ancor meno di storia contemporanea? quei figli del nuovo millennio (e anche qualcuno più cresciuto) che sanno collocare la battaglia di Canne o la conquista delle Gallie di Giulio Cesare, ma non hanno mai sentito parlare di Piazza Fontana o di Via Fani? Proviamo ad abbozzare un quadro generale. “Raccontare” gli anni di piombo e di tritolo è relativamente facile. Cinquant’anni di indagini giudiziarie, processi, sentenze, condotti tra sforzi di verità e colpevoli depistaggi, non sempre hanno permesso di individuare i responsabili materiali, e meno che mai i mandanti, ma hanno almeno permesso di ricostruire le dinamiche degli episodi. Altra cosa è “spiegare” perché è successo; perché, in un’Europa occidentale che ha conosciuto altri fenomeni terroristici durati una stagione altrettanto sanguinosa ma assai più breve, l’Italia è stata invece attraversata per vent’anni dalla violenza politica, con un bilancio di 1.127 vittime, di cui 358 morti e la maggior parte dei feriti costretti all’invalidità? Perché lo Stato ha reagito così tardi e così confusamente, decidendo di vincere la guerra solo dopo aver perso tante battaglie? Soprattutto, perché il terrorismo italiano ha avuto due colori, quello “nero” di Piazza Fontana e quello “rosso” dell’assassinio di Moro e di tanti giornalisti, magistrati, poliziotti, guardie carcerarie?
Il punto di partenza è l’Italia degli anni Cinquanta/Sessanta, un Paese a due velocità in netto contrasto tra loro. Da un lato vi è un’Italia parruccona, conservatrice, codina: è l’Italia dove, nel 1950, diventa famoso un giovane parlamentare (e futuro presidente della Repubblica) per aver inveito contro l’immoralità di una signora che, nell’afa di luglio, in un ristorante di Roma si è tolta la giacchetta rimanendo con la spalle scoperte; è l’Italia che poco dopo condanna prima al carcere poi al domicilio coatto Giulia Occhini, la Dama Bianca di Fausto Coppi, per una relazione adulterina con il “Campionissimo”; è l’Italia dove nel 1964 conquista i titoli sui giornali Franca Viola, la ragazza siciliana di Alcamo che per prima, dopo essere stata stuprata, rifiuta il “matrimonio riparatore” con il carnefice. Però è anche l’Italia del miracolo economico, dove i nostri genitori installano negli appartamenti il telefono a muro, acquistano il frigorifero, il televisore, la lavatrice, si spostano con la “Vespa” o la “Seicento”; è l’Italia del grande flusso migratorio, con milioni di persone che si trasferiscono dal Sud al Nord rimescolando abitudini, tradizioni, parlate; è l’Italia che scopre il rito delle ferie, l’Italia del Centenario, dell’Autostrada del Sole, di Fiumicino. Due Italie nella vita di ogni giorno, e due Italie negli assetti istituzionali: da una parte una Costituzione avanzata figlia della resistenza antifascista ma solo parzialmente attuata, dall’altra una legislazione ordinaria formulata nel Ventennio o addirittura nell’età prefascista ed essenzialmente autoritaria nel rapporto tra Stato e cittadini.
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