I terroristi arrestati in Francia sono già a casa in libertà vigilata. E adesso cosa succede?
di Giovanni Bianconi
Nella foto grande: Giorgio Pietrostefani, Da in alto a sinistra, in senso orario: Marina Petrella, Roberta Cappelli, Giovanni Alimonti, Narciso Manenti, Sergio Tornaghi, Enzo Calvitti shadow
Dunque è durata una notte, la detenzione degli ex terroristi (Qui tutti i ritratti) degli anni Settanta arrestati all’alba di mercoledì in Francia. Ma nella strategia italiana la decisione dei magistrati francesi non rappresenta una sorpresa e tantomeno un intoppo. Il blitz e gli arresti erano necessari per interrompere il decorso della prescrizione, evitando così che per sei dei dieci rifugiati Oltralpe — i non ergastolani — di qui a poco tempo l’Italia non potesse nemmeno più chiedere la riconsegna.
Compiuto questo atto, e considerando che i tempi per le procedure in tutti i loro passaggi saranno piuttosto lunghi (si prevedono un paio d’anni, anche se la prima udienza davanti alla Chambre d’accusation è stata fissata per mercoledì prossimo) era prevedibile che gli estradandi non restassero in prigione. Anche perché il vaglio preventivo effettuato dal Bureau del ministero della Giustizia francese ha riguardato solo l’ammissibilità delle istanze giunte da Roma, non il merito. Domande accettate, ma risposte non scontate.
Dei dieci condannati che l’Italia reclama, solo su tre la giustizia francese non s’è mai pronunciata in precedenza; si tratta dell’ex brigatista Enzo Calvitti, di Narciso Manenti (ergastolano per un delitto firmato Guerriglia proletaria) e dell’ex dirigente di Lotta continua Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio Calabresi. Per loro è la prima volta che si apre una procedura di estradizione, mentre per gli altri sette si era sempre bloccata, per un motivo o per l’altro. Proprio esaminando il fascicolo di Pietrostefani, il rappresentante della Procura che ha firmato il provvedimento d’arresto aveva già anticipato che in sede di convalida avrebbe chiesto la scarcerazione, a causa delle sue precarie condizioni di salute.
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