Ferragnez e la post-politica: populismo commerciale tra temi social e marketing
di Mario Ajello
Fedez non lascia, raddoppia. Gode nel suo ruolo di leader politico. Anzi post politico, anti-politico 2.0, che si sente «più avanti rispetto alla destra e alla sinistra» ma anche riguardo al grillismo al tramonto. In nome di un populismo commerciale tra temi social e quelle che un tempo si chiamavano televendite e ora sono – ci si passi l’eccesso odioso di inglesismi – trade on line.
Il giorno dopo il caos Concertone, il rapper milanese – che volendo potrebbe comprarsi la Rai, come dicono i suoi amici, ma non gli interessa e neppure ha intenzione di fare politica almeno nel senso tradizionale – lancia una nuova sfida: «Voi politici ora decurtate una parte del 2 per mille del vostro introito del partito a favore dei lavoratori dello spettacolo, se ne siete capaci. Se i lavoratori sono ancora sfruttati in questo paese, la responsabilità di chi è? E’ mia? Io e altri amici dello spettacolo abbiamo raccolto 4 milioni di euro per sostenere i lavoratori di questo settore che da oltre un anno sono fermi».
Non vuole fare un altro movimento grillesco Fedez. Ma in politica lui
c’è, a caccia non di elettori bensì di follower, di clienti e di
consumatori. Con questa tecnica: lancio campagne, come quella a favore
del ddl Zan
o per l’aborto o contro il vitalizio a Formigoni o in polemica con la
Regione Lombardia che ritarda la vaccinazione di mia nonna di 90 anni, e
su queste fidelizzo le truppe targate Ferragnez
(35,6 milioni di seguaci) sulla mia griffe e sulle griffe che mi
riguardano, da Amazon (di cui è testimonial) a Nike il cui logo svettava
sul cappellino indossato da Federico nel Concertone e anche nelle
scarpe che indossava sul palco.
LA DIARCHIA
Il piano Ferragnez, di lui e Chiara Ferragni,
uno più contundente essendo rapper e una più cauta e più ecumenica
essendo imprenditrice e dovendo vendere a tutti, è quello del lanciamo
idee, diffondiamo i valori e i principii del Bene o almeno del
mainstream politicamente corretto e questo fa aumentare il cosiddetto
personal branding. Ovvero dà più forza commerciale a Fedez e a sua
moglie Ferragni in tutto quello che fanno e che piazzano. Dalle canzoni
alle ciabatte. La politica, versione neo o post e in confronto il
grillismo è archeologia, come arma della celebrity e del trade. E chi
non vuole rientrare tra i cattivi, in questo commercio dei buoni
sentimenti, non può che aderire alle campagne dei Ferragnez.
Che non sono una democrazia diretta – Gianroberto Casaleggio? Un matusalemme! – ma un oligarchia o una monarchia-diarchia assoluta. Alla quale è difficile non soggiacere. Infatti ieri al Nazareno, quartier generale del Pd, andava forte questa battuta: «Mai mettersi contro lo stramilionario Fedez, che non ha nulla da perdere, ha sempre il telefonino acceso e può registrati, controllarti e ricattarti e dice molto meglio di noi ciò che tutti i nostri elettori pendano». Ma Fedez non vuole elettori che lo votino, ma da influencer insieme a Chiara vuole gente che lo segue.
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