L’importanza di investire bene e presto
Come superare il paradosso di un’offerta di sostegni a fondo perduto e di credito, di liquidità così elevata a fronte quindi di una domanda stagnante? È necessario un doppio binario. Il primo quello della fiducia nel futuro per spingere chi può a tornare a consumare e a investire. Al governo e alla maggioranza soprattutto andrebbe chiesto perché di quei 40 miliardi quasi nulla andrà ai ragazzi che hanno perduto giorni e giorni di scuola. Sono il nostro domani e non spendere per loro non dà certo un segnale di fiducia. L’altra a strada non può che essere l’attivare tutti quegli investimenti pubblici che diano anche l’evidente e concreto segnale al Paese che l’economia sta ripartendo. L’Italia è come se continuasse a essere efficace sul fronte della spesa corrente (dagli stipendi ai bonus, ai denari per l’assistenza), ma assolutamente deficitaria sul fronte della spesa per gli investimenti. Il governo ne sembra consapevole. «Nel ventennio 1999-2019 gli investimenti totali in Italia sono cresciuti del 66% a fronte del 118% nella zona euro», ha scritto Mario Draghi nell’introduzione al Piano di resilienza e rilancio. È persino diminuita la quota di investimenti pubblici passata «dal 14,5% nel 1999 al 12,7 del 2019», si legge ancora.
Ma il quesito di fondo è: perché dovrebbero ripartire adesso? È noto che ci siano già stanziati tra i 50 e i 60 miliardi per investimenti pubblici che sinora non sono stati spesi. A questi si aggiungeranno quelli del Piano di rilancio e resilienza. Cosa dovrebbe garantirci che finalmente verranno attivati? Il perché della mancata spesa virtuosa dello Stato sta tutta in quelle norme scoordinate, accatastate l’una sull’altra che mettono in conflitto anche i vari livelli dell’amministrazione da quella centrale a quella locale e regionale. Sta in quella vischiosità della pubblica amministrazione per la quale nessuno si sente e vuole sentirsi responsabile di qualsiasi atto possa mettere in difficoltà in futuro la persona che si intesta la decisione. Il ministro Brunetta che assieme al suo collega Giovannini sta lavorando al provvedimento sulle semplificazioni, ha anticipato che le misure sono pronte. A meta mese dovranno essere annunciate.
Quello sarà il vero passaggio decisivo. Si dovrà riuscire a superare la cornice ideale perversa che in passato ci ha portati a occuparci di prevenire reati, logiche distorsive e via dicendo, invece che essere concentrati sul risultato, sulla velocizzazione delle procedure. In ossequio alla cultura del sospetto ci si è ingolfati in inefficaci e molteplici controlli preventivi ai quali far seguire paralizzanti controlli a posteriori condotti da innumerevoli Autorità perlopiù in concorrenza tra loro. Si è tentato in tutti i modi di evitare qualsiasi «discrezionalità», mentre prendere decisioni è esattamente l’assumersi la responsabilità di una scelta piuttosto che un’altra. Il premier Draghi ha avuto il coraggio di indicare i nemici del Paese nella «corruzione, la stupidità e gli interessi di parte». Batterli oggi significa però riuscire a far partire quella spesa per gli investimenti che faccia capire agli italiani concretamente che il Paese, il governo ha iniziato a scegliere e ha imboccato la strada dei fatti e non solo quella dei buoni propositi. Un formidabile antidoto anche per la sfiducia.
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