Pensioni, sull’ addio a Quota 100 tutti d’accordo: “Priorità a donne e lavori usuranti”

PAOLO BARONI

Dopo Quota 100 cosa succede? Nel 2022 ritorna lo «scalone» della pensione a 67 anni o verranno introdotte nuove forme di flessibilità in uscita dal lavoro? Il «cantiere pensioni», dopo il rilancio fatto martedì da Cgil, Cisl e Uil, è in pieno fermento e si intreccia in maniera stretta con la riforma degli ammortizzatori sociali e gli strumenti da mettere in campo per accompagnare la fase di trasformazione delle nostre imprese nel dopo Covid.

Per i sindacati alla necessità di superare Quota 100, come somma dei 62 anni di età e dei 38 di contributi, si risponde prevedendo sia un meccanismo di uscita flessibile a partire dai 62 anni, sia dando la possibilità di lasciare il lavoro con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Il pacchetto di richieste è molto più articolato, va dai giovani ai lavori usuranti, alla necessità di far recuperare potere di acquisto sulle pensioni, ma i due cardini della loro proposta sono questi.

Il governo per ora, come si è capito ieri dopo l’incontro a palazzo Chigi, non si pronuncia. Però dopo tanta insistenza il ministro del Lavoro Orlando ha fatto ripartire i tavoli tecnici. Dalla maggioranza arrivano invece segnali di interesse, ma anche qualche distinguo. E tante sottolineature: i giovani, le donne, i lavori usuranti. «Bene la proposta della piattaforma sindacale per Quota 41» dichiara il sottosegretario al Mef Claudio Durigon. «Quota 100 – spiega l’esponente leghista – nasceva come una norma per la flessibilità in uscita che ha bloccato l’aspettativa di vita prevista dalla legge Fornero», per cui ora «se vogliamo uscire dalla crisi innescata dal Covid serve una riforma strutturale con una visione pensionistica: ci saranno parecchi licenziamenti, quindi saranno necessari nuovi strumenti di flessibilità in uscita». Le donne e i giovani

Dice «sì» a quota 41 e a nuove forme di flessibilità anche l’ex ministro del Lavoro Nunzia Catalfo (M5s), che però chiede anche di riservare una attenzione particolare alle donne. A suo parere «occorre poi rendere strutturale il contratto di espansione e incentivare strumenti come l’isopensione, quindi è necessario favorire investimenti per percorsi di potenziamento delle competenze, accompagnare le transizioni occupazionali e generazionali, attraverso, ad esempio, la staffetta generazionale». A Catalfo sta poi a cuore che il nuovo governo non getti via il lavoro delle due commissioni che lei stessa aveva insediato, quella che deve affrontare l’annoso tema della separazione tra previdenza e assistenza e quella incaricata di studiare la gravosità delle occupazioni.

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