Sfratti, tra procedure lumaca e trucchi dell’inquilino: rientro a casa in 3 anni
di Andrea Bassi
L’ufficiale giudiziario bussa alla porta. Sembra fatta. Dopo una procedura durata poco più di due anni, il proprietario sta finalmente per ritornare in possesso del suo appartamento, dove un affittuario che non paga il canone e le rate del condominio, continua a vivere. Nell’androne del palazzo si sente l’abbaiare di un cane. L’ufficiale bussa e, sorpresa, scopre che ora nell’appartamento insieme al proprietario hanno trovato dimora due Rotweiler. Niente da fare. Servirà l’intervento di un’unità cinofila per liberare la casa. Rinvio di altri due mesi. «Riottenere le chiavi di una casa occupata da un inquilino moroso», spiega Annamaria Terenziani del coordinamento legali di Confedilizia, «richiede tempi mediamente lunghi. E dopo la fine del blocco il timore è che l’attesa si allunghi ancora».
Il governo con un emendamento approvato al decreto sostegni, ha deciso di sbloccare solo parzialmente gli sfratti dopo il 30 giugno. Rimarranno congelati quelli le cui procedure sono state «adottate» dopo il 20 febbraio del 2020. Ma la verità è che in questo modo il salvagente agisce anche per chi ha iniziato ad essere moroso ben prima della pandemia. Il procedimento per arrivare a uno sfratto in Italia, come detto, è lungo. Va da una media di un anno e mezzo nelle medie città, per arrivare anche a tre anni nei grandi centri come Roma e Milano. La legge dice che un’inadempienza viene considerata «grave» quando si salta il pagamento anche di una singola mensilità, oppure se non si versano rate del condominio che equivalgono ad almeno due mensilità del canone. Ma nessun proprietario avvia una procedura di sfratto alla prima inadempienza. «Generalmente», spiega ancora l’avvocato Terenziani, «si accumula un arretrato di cinque o sei mensilità prima di agire».
LE TAPPE
Quando
ci si rivolge a un legale, il primo passaggio che viene compiuto è
l’invio di una «lettera di sollecito» all’inquilino, nella quale viene
dato un termine, in genere 15 giorni, per versare i canoni arretrati. Se
l’inquilino ritira la raccomandata passano in tutto una ventina di
giorni, se non lo fa, un altro mese è andato perso. Se comunque non c’è
risposta, si può avviare la procedura di sfratto. Per la notifica
dell’atto di citazione servono 20 giorni, che diventano un mese
considerando i tempi di ritiro. La prima udienza per la convalida dello
sfratto viene in genere fissata 40-50 giorni dopo dalla notifica. Sempre
che non ci siano agosto o le vacanze natalizie di mezzo. Ma in udienza,
ormai è una prassi, il debitore chiede quello che in gergo si chiama il
«termine di grazia». Novanta giorni entro i quali si impegna a pagare
tutti i canoni e tutte le spese dovute.
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