Sfratti, tra procedure lumaca e trucchi dell’inquilino: rientro a casa in 3 anni
I TIMORI
«Un
tempo», spiega l’avvocato Terenziani, «i giudici valutavano
preventivamente la capacità dell’inquilino di pagare, adesso invece il
termine di grazia è concesso in automatico, quasi spinto dagli stessi
giudici». Decorsi i 90 giorni, in realtà, quasi mai nessuno paga. Cosa
accade allora? Nuova udienza dopo una ventina di giorni e, in genere,
viene dato un termine di 3 mesi, ma possono anche essere 5 o 6 a seconda
delle situazioni particolari del debitore, per rilasciare l’immobile
spontaneamente. Raramente arrivati al termine del rilascio, gli
inquilini riconsegnano le chiavi. Dunque si entra nella fase esecutiva.
Entra in scena cioè, l’ufficiale giudiziario. La prima cosa che fa, è la
richiesta di un primo accesso per valutare la situazione: se ci sono
minori, anziani, disabili. Dopo di che, in genere, rinvia di altri tre
mesi. Allo scadere di questi sei mesi, l’ufficiale può presentarsi con
la forza pubblica per lo sgombero. Ma se quel giorno scopre,
diversamente dal primo accesso, che c’è un anziano, un disabile o un
minore, rinvia di nuovo. Ciò anche se scopre che nel frattempo
l’inquilino è diventato un appassionato di Rotweiler.
Ma se i tempi sono già così lunghi, cosa accadrà dal primo luglio quando almeno una parte delle procedure dovrebbe sbloccarsi? L’intenzione, secondo quanto trapela da fonti del governo, sarebbe quella di dare indicazioni di effettuare gli sfratti in ordine cronologico. Dovrebbero, insomma, partire prima le procedure più vecchie e poi via via quelle più recenti. Comunque sia, per i proprietari, i tempi sono destinati ad allungarsi ancora.
IL MESSAGGERO
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