Due miliardi di inutili mascherine. Le scuole non sanno più dove metterle
di RITA BARTOLOMEI
Ottocentomila sono state rimandate indietro, i presidi non sapevano più dove metterle. C’è da capirli. Al 5 maggio – così sul sito del commissario all’emergenza Covid, il generale Figliuolo – sono state consegnate quasi due miliardi di mascherine chirurgiche a più di 19mila sedi scolastiche. Per essere precisi, 1.862.679.650 pezzi. Così qualcuno ha chiamato la struttura del commissario e si è raccomandato: non abbiamo più posto, per favore, riprendetevele. Anche perché il materiale è infiammabile, ci sono limiti precisi allo stoccaggio. E poi le scuole non hanno tutti questi magazzini a disposizione. Aggiunge un dirigente di liceo che chiede di mantenere l’anonimato: “Dal 26 aprile siamo in zona gialla, quindi in presenza al 60%. Le distribuiamo ogni giorno ma i ragazzi non le vogliono. Sono scomode. Otto su dieci le rifiutano”.
Lamberto Montanari, presidente dell’associazione nazionale presidi Emilia Romagna (Anp), va oltre: “Anche gli insegnanti spesso se le portano da casa. Alla fine, non è andata come doveva. Chiaro, le mascherine servono e le deve fornire lo Stato. Ma si dovevano consultare di più i dirigenti, che andavano messi al centro delle scelte organizzative. Insomma andrebbe dimostrata nei fatti quell’autonomia che il più delle volte è solo sbandierata. Siamo trattati come meri esecutori“.
Il sito del commissario all’emergenza, aggiornato regolarmente e ricco di statistiche, c’informa che quasi un miliardo e mezzo di mascherine sono andate agli adulti, il resto ai bambini. Un miliardo e 730milioni di pezzi sono stati consegnati alle statali, quasi 132 milioni alle paritarie. Lombardia, Lazio, Sicilia, Veneto, Emilia Romagna sono in cima alla lista delle regioni servite, le quantità variano da 313 a 144 milioni di pezzi. Il grosso è stato destinato agli istituti comprensivi, poco meno di 1,3 miliardi. Spiegano alla struttura commissariale: le forniture sono state decise dal ministero dell’Istruzione, in base alla popolazione scolastica.
Vengono calcolate due mascherine al giorno per i bambini, perché hanno l’orario prolungato, e una per gli adulti. Il tipo è quello chirurgico prodotto da FCA, l’unica distinzione è tra misura grande e piccola. Altri 9 milioni sono state distribuite a finanza, polizia penitenziaria, Camera dei deputati, vigili del fuoco.
Ma, rimanendo agli studenti, perché si è continuato a distribuirle anche quando le scuole erano sostanzialmente chiuse? Perché il contratto non si è fermato, è la spiegazione. Siglato a luglio 2020 dall’allora commissario Domenico Arcuri, scade a settembre. Si vedrà se rinnovarlo. Non prevede sospensioni. Così la produzione non si è mai interrotta, nemmeno con la dad. L’accordo è basato sostanzialmente su due punti: la precedente struttura commissariale fece avere a FCA macchinari che sono stati riconvertiti e quindi usati per produrre i dispositivi di protezione. Stabilendo poi le quantità da garantire, 130 milioni di chirurgiche a settimana. Alla fine ogni pezzo viene a costare 8,3 centesimi. Quindi abbiamo già superato i 154 milioni di euro.
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