Cuore di cane

Mattia Feltri

Immagino, immaginandovi sani di mente, che la gran parte di voi ignori o abbia scordato la brillante figura di Michele Geraci, economista di buon curriculum e caro alla Lega, sottosegretario allo Sviluppo economico nel primo governo di Giuseppe Conte.

Da tempo è in Cina dove investe i residui delle sue migliori energie a produrre documenti multimediali sulla delizia che è la vita cinese: gli uiguri se la spassano come non mai, le operaie guadagnano da favola, di libertà non ce n’è poi tanta meno e di sicurezza ce n’è tanta di più. Se qualcuno ribatte, Geraci risponde, sempre molto educatamente, venga qui e se ne faccia un’idea, oltre la propaganda occidentale. Per carità, in Cina io non ci sono mai stato, ma mi sono venuti in mente i pellegrinaggi novecenteschi in Unione sovietica. I grandi intellettuali ci andavano con un pregiudizio positivo e nove volte su dieci tornavano col medesimo pregiudizio.

Persino un grande come Arthur Koestler, che ne diede conto nel formidabile “La scrittura invisibile”, non riuscì a chiudere gli occhi davanti all’abbaglio. Raccontò di un mondo rigenerato nell’umanità nuova, e se vedeva contadini rivestiti di cenci, neonati stremati dalla fame, un popolo dedito alla delazione, se lo spiegava come gli ultimi dolorosi effetti collaterali nella costruzione della terra promessa.

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