La svolta ecologica (e i silenzi)

Dunque siamo alle soglie di una trasformazione produttiva e degli stili di vita, anche in Italia, di fronte alla quale persino il Trattato di Maastricht può sembrare poca cosa. E come intendiamo arrivarci, come pensiamo di azzerare i settemila chili di carbonio che ogni italiano emette nell’atmosfera ogni anno? Perché dire che spenderemo 86 miliardi, com’è scritto nel Recovery, è giusto. Poi però bisogna capire esattamente in che modo, nel tempo. Nel documento mandato dall’Italia a Bruxelles una prima risposta c’è: solo e soltanto con energie rinnovabili, almeno nel prossimo decennio. Significa installare 70 Gigawatt di potenza essenzialmente da solare ed eolico, ha spiegato il ministro. Sono settanta miliardi di Watt, l’equivalente dell’energia prodotta da una cinquantina di centrali nucleari come quelle francesi (e in Francia ce ne sono solo diciannove).

Possibile? La scelta di affidarsi solo alle rinnovabili, rinunciando al sequestro del carbonio o all’idrogeno prodotto anche da gas naturale, per non parlare di una dose di nucleare nel mix, si spiega politicamente: per ora la principale forza di maggioranza — il Movimento 5 Stelle — non vuole nessun’altra possibile soluzione. Cingolani sul Corriere ha avvertito: «Non sarà bellissimo». Sviluppare entro nove anni tutta quell’energia dal solare per esempio significa tappezzare di pannelli oltre 200 mila ettari, quasi il 2% della superficie coltivata in Italia. Significa piantare pale eoliche letteralmente ovunque, compromettendo un paesaggio secolare e la risorsa del turismo. Eppure quel che colpisce è la distrazione. Fuori dalla cerchie degli specialisti, nel Paese non solo non se ne parla. Non c’è nessuna consapevolezza che queste scelte sono di fronte a noi.

Dopo Maastricht molti Paesi, quasi tutti, hanno fortemente aumentato la loro capacità produttiva e solidità economica complessiva perché hanno capito l’euro molto presto. Dunque hanno fatto leva sui suoi molti vantaggi e si sono organizzati per ridurre al minimo gli svantaggi che avevano intuito. Noi no, continuavamo a discutere e azzuffarci sulle lettere di Togliatti e l’abbiamo pagata cara nei trent’anni seguenti. La trasformazione ambientale pone una sfida simile, trent’anni dopo. Facciamone un’opportunità, perché è possibile. Evitiamo di risvegliarci tra qualche anno pieni di rancore verso il resto d’Europa, solo perché non avevamo capito dove avevamo scelto di andare.

CORRIERE.IT

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