Disuguaglianze, la sfida europea
Massimo Cacciari
Gentil voce mi chiama per solita intervista: che ne pensa, prof, dell’idea del curriculum da allegare per l’esame di maturità? Non le pare che significherebbe favorire i rampolli delle famiglie più abbienti? Cara amica, rispondo, da quale lontana luna è precipitata stamane su questa triste terra? La nostra scuola è tornata a essere completamente di classe da qualche decennio e ogni giorno lo diventa di più. Siamo vittoriosamente usciti dalle ideologie sessantottine.
Tra i nostri record, accanto al più basso tasso di occupazione femminile europeo, vi è anche quello della più bassa percentuale di laureati tra i giovani. Siamo certamente ai primi posti anche per ciò che riguarda procedure e controlli burocratico-amministrativi sulla formazione scolastica e universitaria, che hanno svolto un ruolo eccezionale, come noto, nel contrastare la proliferazione insensata di sedi, nel promuovere il reclutamento di nuove classi docenti, nel sostenere il diritto allo studio. A proposito, lei sa che una volta si parlava addirittura di pre-salario per tutti gli studenti meritevoli le cui famiglie non avessero i mezzi per mantenerli durante i lunghi anni(già lunghi allora, oggi opportunamente aumentati) degli studi universitari? Invece di decidere al Ministero limiti per tasse, ordinamenti didattici, norme concorsuali, non sarebbe preferibile stabilire che ogni sede, in aperta competizione in base alla sua offerta didattico-scientifica, sia però obbligata a garantire un alto numero di posti per questa categoria di studenti? Lei parla di discriminazione per i giovani che arrivano all’esame di maturità, tra quelli dal curriculum farcito di corsi di ogni genere, lingue, musica, danza, viaggi all’estero, stage, pagati da mamma e papà, e la maggioranza di quelli che a fatica trovano i mezzi per la gita scolastica. Ma ben peggiore è la discriminazione in atto, sul mercato del lavoro, tra chi ha la laurea “buona”( tutti sanno dove si acquisisca, non facciamo pubblicità) e quelle raccattate in giro. Le racconto una cosa: tra i miei amici facoltosi quelli che mandano i figli all’estero per l’università sono ormai la maggioranza, e molti ormai li spediscono oltre confini anche per il college.
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