Vaccini, Figliuolo: “Giugno il mese clou: con medici di base e farmacie un milione di dosi al giorno”
Attualmente a che punto siamo?
«Direi
abbastanza buono, anche se ovviamente, come dicevo, si può migliorare e
procedere più spediti. Fino ad oggi abbiamo inoculato due dosi di
vaccino a quasi 7 milioni e mezzo di italiani, mentre tra chi ha
ricevuto solo la prima dose e chi le ha avute entrambe il totale delle
somministrazioni ammonta a 24 milioni. Ora puntiamo l’attenzione a
quelle regioni che non hanno ancora raggiunto l’80 per cento degli ultra
ottantenni immunizzati».
La
media nazionale è dell’87 per cento, ma ci sono zone come la Calabria,
l’Abruzzo e la Sicilia che sono ancora indietro e devono mettersi al
pari con le altre. Come intervenire?
«Queste Regioni pagano una compartimentazione del territorio».
Da un punto di vista logistico come prevede di sostenere queste tre Regioni?
«Invieremo
sul posto squadre sanitarie militari. L’intervento di team itineranti
ci consentirà di raggiungere anche i paesi più isolati. La vaccinazione
degli over 80 è una questione di particolare importanza perché essi
rappresentano la fascia più a rischio. È quindi prioritario sia tutelare
le loro vite, sia evitare il collasso delle terapie intensive».
E per quanto concerne, invece, le classi produttive? A quando i vaccini nelle aziende in modo più organico?
«Dipende
molto dall’approvvigionamento dei vaccini da parte delle Regioni. Molte
aziende hanno compilato il format e hanno aderito alla campagna in modo
da poter mettere in atto un centro vaccinale dotato di infrastrutture,
personale sanitario, personale amministrativo e infostrutture, ovvero un
sistema informatico che si coordini con quello regionale. Sono quasi
800 i centri vaccinali aziendali. In alcune aree, come il Piemonte e il
Veneto, alcune aziende non solo hanno provveduto a vaccinare i propri
dipendenti ma hanno addirittura creato hub per i cittadini esterni».
Anche nei punti aziendali la corsia preferenziale sarà quella dell’età anagrafica?
«Sì, certamente. Le fasce d’età più a rischio vanno protette prima delle altre e poi si va a scalare».
Con la campagna vaccinale che avanza sarà possibile allentare le misure restrittive?
«La
vaccinazione è importante, ma da sola non basta. L’altro pilastro deve
rimanere quello del rispetto delle misure di sicurezza. Allentare le
misure restrittive non deve essere un sinonimo di “liberi tutti”».
C’è, in ogni caso, ancora una fetta di popolazione che ha paura a vaccinarsi.
«Esistono
molti “no vax”, ma purtroppo costituiscono un problema anche i “ni
vax”, quelli cioè perplessi di fronte a un vaccino in particolare, tipo
AstraZeneca. È invece importante che passi il messaggio che tutti i
vaccini sono validi ed efficienti. Credo che il coinvolgimento dei
medici di famiglia possa contribuire a dissipare dubbi e perplessità.
Per fortuna i “no vax” sanitari sono una parte minima e comunque nei
loro confronti si può arrivare fino alla risoluzione del contratto di
lavoro».
Quando sarà raggiunta l’immunità di gregge?
«Affinché
ciò sia possibile è necessario che sia vaccinato l’80 per cento della
popolazione. Obiettivo che contiamo di raggiungere a fine settembre. Ma
due step importanti sono anche i mesi precedenti, quando riusciremo ad
avere il 60 e il 70 per cento dei vaccinati. Oggi ci attestiamo intorno
al 15 per cento».
Entro fine
maggio il nostro Paese riceverà 17 milioni di dosi di vaccino. E a
giugno che cosa succederà? Assisteremo a un incremento, considerato il
suo obiettivo di aumentare le 500 mila dosi al giorno?
«Lo scopo è quello di ottenere tra le 23 e le 25 milioni di dosi entro fine giugno».
E a settembre, per la ripresa dell’anno scolastico, confida nell’eventualità di vaccinare anche gli alunni sotto i 16 anni?
«Gli
attuali vaccini sono destinati fino ai 16 anni. Le multinazionali
farmaceutiche stanno studiando prodotti per chi ha meno di questa età. E
considerato la velocità con cui lavorano, non è da escludere che per
settembre-ottobre avremo nuovi vaccini per i giovanissimi».
Negli ultimi giorni in alcune Regioni del Centro-Sud stanno rimanendo nei magazzini le fiale di AstraZeneca, mentre vengono reclamate da Regioni del Nord, tipo la Lombardia. Si può autorizzare questo trasferimento di materiale?
«È necessario essere cauti. Non possiamo sbilanciare troppo la distribuzione delle dosi. Innanzitutto perché non è detto che al Centro-Sud rimangano inutilizzate dosi di AstraZeneca, che servono infatti anche per il richiamo. Quindi qualcosa può essere inviato al Nord, ma non nelle ingenti quantità come viene richiesto».
LA STAMPA
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