Tribunali in crisi/ La riforma duratura che il governo non può fare
Carlo Nordio
Del programma di riforme della giustizia che dovrebbe essere
presentato in settimana dalla ministra Marta Cartabia si può dire in
sintesi questo: troppo per conseguire un risultato immediato e concreto,
troppo poco per ottenerne uno significativo e duraturo.
Ci
spieghiamo. Le riforme ormai indifferibili sono, come è noto, quelle
legate all’emergenza e agli aiuti attesi dall’Europa. Ora, l’impatto
negativo della nostra sgangherata giustizia sull’economia è determinato
essenzialmente da due ragioni: la lentezza dei processi civili, che
scoraggia gli investimenti italiani e stranieri, e il garbuglio delle
leggi repressive che paralizzano la pubblica amministrazione. È vero che
le altre sofferenze del nostro sistema penale sono, da un punto di
vista etico e civile, assai più gravi, perché incidono sui beni primari
della libertà e dell’onore, e minano la fiducia del cittadino nelle
istituzioni.
Ma è anche vero che sono, in questo momento, meno
urgenti: il sistema elettorale del Csm, la limitazione delle
impugnazioni, i criteri di priorità investigativa e le altre novità del
progetto non incidono molto sull’emergenza economica. Per di più sono
estremamente divisive, in quanto i partiti di governo hanno idee diverse
e talvolta opposte. Ecco perché il programma della Cartabia vuole
troppo.
È un programma che rischia di perdersi nelle liti, e di perdere il tram, perché ogni giorno è prezioso. Che fare allora? Per rendere più snella la giustizia civile basta copiare dai sistemi che funzionano, in primo luogo quello tedesco. E quindi semplificare le procedure, aumentare l’organico dei collaboratori amministrativi, accelerare la digitalizzazione e, non ultimo, dare una sistemazione onorevole, mi si perdoni il bisticcio lessicale, ai giudici onorari, che tengono in piedi metà della baracca e vengono trattati in un modo ignobile, con compensi irrisori e senza le garanzie minime di stabilità.
Quanto
all’efficienza della pubblica amministrazione basterebbe intervenire su
quei reati evanescenti come l’abuso d’ufficio e il traffico di influenze
che intimidiscono sindaci e assessori e ne paralizzano l’attività.
Tutto questo si potrebbe fare in poche settimane, e poi, come insegna il
poeta, la ragione riprenderebbe a parlare e la speranza a rifiorire.
Il
progetto di riforma del processo penale è invece irrealizzabile in
tempi brevi. Non solo perché non è per niente condiviso, ma perché, per
ottenere risultati netti e duraturi dovrebbe essere ben più ampio di
quello trapelato in questi giorni. Le timide innovazioni prospettate
dalla ministra Cartabia sono delle aspirine per combattere il cancro.
Pages: 1 2