M5S, l’ex premier ora guarda al centr: “Saremo anche il partito dei moderati”
Ilario Lombardo
Il progetto di rifondazione del M5S firmato Giuseppe Conte non può prescindere da una voglia di rivincita, anche personale. Nei confronti di Matteo Renzi, innanzitutto. Dal quale oggi lo divide tutto, tranne una cosa: entrambi vorrebbero occupare lo stesso spazio politico. L’ex rottamatore ci ha provato, con Italia Viva, esperimento che non ha mai preso il volo, fagocitato dalla forza del suo stesso fondatore. Ora ci proverà Conte, convinto che il Movimento, in un rapporto dialettico con se stesso, debba rinascere dalla propria storia, offrendo un’identità diversa, maturando dalle proprie radici, puntando a riempire un vuoto lasciato da altri: «Il M5S che vedo io è un partito che parla a tutti, anche ai moderati, un partito di massa, popolare, che dialoga convintamente con la sinistra». Il pantano grillino, i cavilli legali, l’infinita diatriba con Davide Casaleggio (che continua a minacciare di non consegnare i dati degli iscritti se non avrà una parte consistente dei soldi che i parlamentari non hanno versato all’Associazione Rousseau), non aiutano. Il programma è scritto, assicura Conte, ma la data per la presentazione non c’è. Aveva promesso a inizio mese ma è molto più probabile che si andrà a fine maggio o agli inizi di giugno. Nel frattempo ha rotto il silenzio e in un’intervista con il Fatto si è tolto qualche sassolino su Renzi a proposito del suo incontro in Autogrill con l’agente dei servizi segreti Marco Mancini: «E’ giusto che risponda in tutte le sedi». Dopo i lunghi confronti che ha avuto con esponenti del Pd amici, da Goffredo Bettini al segretario Enrico Letta, ma anche con un importante ex che non hai mai perso la passione intellettuale della sinistra, come D’Alema, Conte si è convinto che la migliore competizione tra alleati sia tra identità ben differenti. Uniti, ma diversi, per evitare sovrapposizioni tra elettorati.
Il grande centro
Nell’eterno ritorno del grande centro, gloria e dannazione della politica italiana, l’ex premier intravvede un’opportunità nella prateria lasciata vuota da Silvio Berlusconi. Ci sono elettori, di cultura liberale, laici e cattolici, che hanno poca voglia di dividere la propria strada con i sovranisti, anche se questi ultimi provano a darsi una riverniciata da moderati. Lo spazio si sta affollando: un pezzo di Fi resiste, poi ci sono già Renzi, c’è Carlo Calenda, e ora pure Matteo Salvini che prova ad accreditarsi dando dell’ultradestra a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Nelle convulse settimane della crisi che lo ha detronizzato da Palazzo Chigi, Conte ha avuto tanti contatti con esponenti forzisti, e altri centristi. Così si è convinto che il M5S debba sacrificare un po’ i toni scapigliati per non precludersi la strada di un elettorato che per sua natura è pragmatico. Restano le bandiere più identitarie: la giustizia e l’ambiente.
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