Il nemico diventato amico

La verità è che una certa sinistra preferisce rimuovere il problema piuttosto che chiedersi perché non sia stata in grado di dare una valutazione più equilibrata, un giudizio meno viziato da isterismi e esagerazioni, quando Berlusconi era potente. Se fosse capace di affrontare pubblicamente questo argomento avrebbe anche la possibilità di dare una giustificazione accettabile (per quasi tutti) del nuovo corso, del nuovo atteggiamento verso Berlusconi. Forse non può farlo perché in quel caso sarebbe costretta a prendere atto di alcuni propri vizi di cui è incapace di liberarsi.

Il Berlusconi (un magnate delle comunicazioni) del ’94 e seguenti era certamente una anomalia che però dipendeva, a sua volta, da una catena di precedenti anomalie (la democrazia bloccata per un quarantennio a causa della presenza del più forte partito comunista d’Occidente, la rivoluzione giudiziaria di Mani Pulite). Ma il resto non era così spaventoso come i suoi nemici sostenevano. Egli aveva ereditato gran parte dell’elettorato dei partiti democratici anticomunisti della Prima Repubblica (la Dc ma anche il Psi, i repubblicani, i liberali). Era quello il suo insediamento elettorale. Ad esso aveva aggiunto — questa sì era una novità — una enfatizzazione dell’importanza e del ruolo delle imprese private (di cui era testimonianza il gran numero di imprenditori che lo seguirono), nonché delle libere professioni e delle partite Iva, che spaventava — perché ne minacciava gli interessi — i partiti che rappresentavano il ceto impiegatizio, soprattutto pubblico. L’epoca berlusconiana va certamente criticata, e anche duramente, per le improvvisazioni demagogiche e soprattutto per quella che fu la più grave colpa: Berlusconi predicò bene e razzolò male, fece promesse elettorali (di liberazione dai lacci e lacciuoli che gravavano sul Paese, dall’eccesso di statalismo) che non fu in grado di mantenere. Ma non era quel concentrato di malvagità che l’isteria dei nemici gli attribuiva.

La domanda che bisogna porsi è questa: che cosa c’è, nell’acqua che beviamo o nell’aria che respiriamo, che rende così irresistibile l’esigenza di avere di fronte nemici anziché avversari? Fossimo capaci di rispondere, forse l’Italia cesserebbe di essere ciò che è sempre stata: una democrazia difficile.

CORRIERE.IT

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