Gas, navi, cooperazione. Così il “mare nostrum” può diventare il petrolio dell’Italia
GIACOMO GALEAZZI
ROMA. Gas, navi, cooperazione: la nuova centralità del Mediterraneo.
Il seminario, organizzato nell’ambito del progetto “Shade
Med” dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dalla missione navale
europea Irini, ha analizzato la nuova centralità di quello che fu “mare
nostrum” e che ora è un passaggio strategico tra oceani, conteso dalle
grandi potenze per il controllo di gas e traffico mercantile.
La ritrovata centralità
Mare Nostrum, centro della cultura, periferia, fulcro di guerre e commerci. La percezione del Mar Mediterraneo è cambiata nel corso dei secoli in un modo unico al mondo. Oggi la regione ha ritrovato centralità, divenendo hub energetico e commerciale: ci sono miliardi di metri cubi di gas da estrarre, dalle sue acque passa oltre il 15% dei traffici commerciali marittimi mondiali. Le sfide e gli scenari futuri del bacino mediterraneo sono stati i temi del seminario “The new role of the Mediterranean as an energy and commercial hub”, organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dalla Missione navale europea a guida italiana, EUNAVFOR MED “Irini”. L’incontro era il terzo appuntamento di Shade Med, il percorso che porterà in autunno alla conferenza annuale sul Mediterraneo tenuta da Irini. «L’Italia dovrebbe mettere in evidenza, sia in Europa che a livello internazionale, questa potenziale centralità positiva del Mediterraneo, enfatizzando l’importanza della creazione di una nuova strategia a lungo termine per affrontare gli squilibri e i fattori di instabilità presenti nella regione- ha dichiarato il rettore dell’Università Cattolica, Franco Anelli aprendo il convegno -. Una visione olistica, che non si basa solo sugli interessi di un singolo attore, ma che mira a promuovere la sicurezza di tutti i popoli del Mediterraneo e delle aree di quel bacino. L’unica risposta razionale a cambiamenti sconvolgenti ed epocali è tentare di tenerli sotto controllo e adattarci ad essi, non ignorarli. È essenziale tutelare la libertà e la sicurezza di chi fugge dalla miseria, lavora, commercia, ma è altrettanto importante attivare nuove forme di dialogo e di cooperazione tra le nazioni europee, africane e mediorientali coinvolte. Il mondo della cultura, della ricerca e della formazione può e deve fare la sua parte anche mediante il consapevole esercizio di forme creative di cultural and scientific diplomacy per preparare e accompagnare le tradizionali azioni diplomatiche».
Sicurezza globale
La nuova rilevanza del bacino è stata analizzata dal professor Paolo Sellari, direttore del master in “Geopolitics and Global Security” della Sapienza Università di Roma, secondo cui il Mediterraneo «è diventato un mare di passaggio tra gli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico», cambiando così ancora una volta il suo ruolo nella Storia. «Se da un lato la regione sembra aver recuperato una sua centralità -ha ribadito il professor Riccardo Redaelli, direttore del Centro di Ricerca sul Sistema Sud e il Mediterraneo Allargato (CRiSSMA) dell’Università Cattolica – dall’altro lato, si tratta di una centralità geopolitica quasi subita più che desiderata, frutto delle tante guerre, crisi politiche, di sicurezza e drammi umanitari che dilaniano la sponda sud. Un caos che ha spinto l’Europa a “ritirarsi” da questo mare, riducendo le sue tradizionali politiche comunitarie verso i paesi rivieraschi e che ha favorito l’ascesa di movimenti sovranisti che hanno speculato sull’immagine di un bacino da cui difendersi».
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