Gas, navi, cooperazione. Così il “mare nostrum” può diventare il petrolio dell’Italia
La sfida dell’Unione Europea
L’Unione Europea vuole invertire questa tendenza, ben consapevole dell’importanza della regione: «Gli obbiettivi posti dalla Dichiarazione di Barcellona del 1995 sono ancora lontani – ha dichiarato l’ambasciatore Stefano Sannino, segretario generale del Servizio europeo per l’azione esterna-. Uno di questi era la creazione di un’area di libero scambio nella zona ma oggi notiamo come l’importanza dell’Ue come partner commerciale per le nazioni del Sud stia declinando, tranne che per paesi come Tunisia e Marocco». Un campo fondamentale in cui l’Europa deve giocare un ruolo di primo piano è quello dell’energia: «L’Unione europea intende raddoppiare a 50 miliardi di euro gli investimenti nel settore della rete elettrica nei Paesi vicini nel decennio 2020-2030 -ha confermato Sannino, sottolineando la centralità delle rinnovabili in questa partita-. Il settore eolico offshore nel Mediterraneo, potrebbe aumentare la sua efficienza di 20 volte entro il 2050».
Risorse energetiche
Un altro settore chiave è quello del gas: «Si stima che le riserve di gas neutrale nascoste nei fondali del Mediterraneo orientale ammontino a 132 miliardi di metri cubi, di cui 60 sono già state scoperte in Israele, Egitto, Cipro e Libano: una cifra, quest’ultima, che già da sola supera le riserve di gas naturale stimate in Libia – ha sottolineato Sannino-, questo ha portato a più cooperazione ma ha anche aumentato tensioni tra Turchia, Cipro e altri paesi dell’area». Il mare Mediterraneo è lo scenario dove opera Irini, la missione navale europea nata nel 2020 dopo la Conferenza di Berlino per implementare l’embargo di armi in Libia e comandata dall’ammiraglio della Marina Militare Italiana Fabio Agostini: «Operazione EUNAVFOR MED IRINI è parte di un processo che coinvolge aspetti militari, politici, economici ed umanitari. Rappresenta l’approccio olistico dell’Ue per la soluzione del conflitto in Libia. La presenza e il lavoro di IRINI ha anche l’effetto di aumentare la sicurezza dei traffici marittimi nel Mediterraneo centrale».
Primo piano
Per Lapo Pistelli, direttore Pubblic Affairs di Eni spa, l’Italia ha le carte in regola per giocare un ruolo di primo piano nello scenario mediterraneo: «Dobbiamo superare le due retoriche che caratterizzano il nostro dibattito su questo bacino. Il Mediterraneo non è solo la punta dell’iceberg dell’immigrazione illegale ma nemmeno un mare di pace e di incontro tra religioni. Non è più un mare nostrum ma un’area molto affollata dove grandi potenze come Usa, Russia e Cina si confrontano. Noi dipendiamo dalle rotte del commercio marittimo come non immaginiamo. Esportiamo lungo le rotte marittime il 79 per cento dei nostri beni e servizi totali e il 96 per cento dei beni e servizi extra-Ue. Importiamo dalle linee marittime l’84 per cento dei beni e servizi totali e il 99,4 per cento dei beni e servizi extra-Ue. Eppure il nostro porto principale, quello di Trieste, processa 62 milioni di tonnellate l’anno. Tangeri, Marsiglia, Barcellona e Atene fanno meglio. Un risultato strano se guardiamo la mappa e il ruolo che potrebbe giocare l’Italia».
Regolazione
Anche secondo Fabio Tambone, direttore delle Relazioni Esterne di Arera, l’Autorità nazionale di regolazione per energia reti e ambiente, l’Italia può tornare protagonista: «È tempo di tornare a investire in Africa. Ci sono tanti soggetti, come la Cina, che lo stanno facendo bene e in fretta. Ricordo che non c’è solo il sud del Mediterraneo ma anche una zona chiave per il mercato dell’energia e del gas come i Balcani. L’Energia è una occasione di sviluppo economico ma anche un ponte tra paesi. Noi lavoriamo come regolatori sia con Israele che con l’Autorità Autonoma della Palestina. Arrivare a definire un set di regole chiare per tutti è la strada da percorrere per favorire gli investimenti, non solo in infrastrutture di grande capacità ma anche per i piccoli investimenti».
LA STAMPA
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