Covid Italia: così le chiusure, il clima, i vaccini hanno dimezzato decessi e ricoveri
Lockdown più vaccini più estate. È una combinazione a tre fattori quella che promette di farci uscire rapidamente, si spera per sempre, dalla lunga stagione del coronavirus. Dopo aver vissuto in apnea per troppo tempo, in questi giorni torniamo a vedere la luce e il raffronto con i dati di solo un mese fa è il segnale, non ancora irreversibile, che qualcosa sta cambiando. L’unica ombra, a parte le varianti sempre imprevedibili, è il ritardo nella vaccinazione degli anziani, che rischia di diventare cronico.
Il crollo dei ricoveri
Il primo dato che impressiona, tratto dalle tabelle realizzate dalla Fondazione Gimbe, è il crollo di due degli indicatori più importanti durante la pandemia: le degenze in ospedale e quelle nelle terapie intensive. In 35 giorni sono scesi del 49,1 per cento i ricoveri con sintomi da Covid e del 45,1 per cento le persone ospitate nelle terapie intensive. Più che di una riduzione dei contagi, questo calo, anzi dimezzamento, è frutto dell’azione combinata del lockdown con quella delle vaccinazioni dei più anziani. Dal 15 marzo al 26 aprile l’Italia è stata in fascia rossa o arancione. E gli effetti si sono fatti sentire tutti. Il 13 aprile c’erano 13.447 nuovi casi, 27 mila ricoverati e 3.523 malati in terapia intensiva, con oltre 400 decessi. Esattamente un mese dopo, tutti i dati si sono dimezzati o quasi: i casi sono 8.085, i decessi 201, i ricoverati 13.608 e le terapie 1.893. Il trend settimanale dei nuovi casi era di 125 mila a inizio aprile, mentre ora siamo 63 mila (qui tutti i bollettini degli ultimi mesi).
Ma cosa ci aspetta nei prossimi giorni? L’estate che arriva potrebbe aiutarci. Non è tanto il caldo, sul quale non ci sono evidenze scientifiche, quanto la possibilità di vivere di più all’aria aperta e quindi ridurre i contagi da aerosol. E poi c’è la campagna vaccinale. Aumentano le somministrazioni settimanali (+8,5%), ma in maniera minore rispetto alle due settimane precedenti, quando si è registrato più 25 e più 20 per cento. Rallentamento dovuto alle resistenze nei confronti di AstraZeneca, soprattutto al Sud.
Problemi in arrivo
Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe, segnala due problemi. Il primo è la regolarità nelle consegne dei vaccini: «Siamo a metà maggio e rispetto al quantitativo previsto nel primo semestre ci mancano 50 milioni di dosi. E poi c’è una dipendenza eccessiva da Pfizer». L’altra questione è la distribuzione anagrafica. In questi giorni è tutta una corsa delle Regioni ad annunciare che sono cominciate le prenotazioni per gli over 40. Eppure i dati dei più anziani non sono confortanti: nella fascia 70-79 anni solo il 18,1% ha ricevuto entrambe le dosi e nella fascia 60-69 appena il 12,3. Il via libera governativo alle categorie più giovani rischia di deresponsabilizzare le Regioni, lasciando indietro i più anziani: «Per questo — spiega Cartabellotta — dobbiamo passare dal sistema della prenotazione a quello della chiamata diretta e alle campagne di comunicazione».
Anche perché la prossima settimana, per effetto delle riaperture, i contagi potrebbero aumentare. E solo se i più fragili fossero messi in sicurezza si riuscirebbe a contenere l’aumento delle degenze (che comunque sarà inferiore al passato). Infine, con la riduzione delle degenze e l’allentamento dell’allarme sociale, potrebbe crescere quello che Cartabellotta chiama il popolo dei «ni vax», ovvero gli indecisi: «Per questo sarebbe utile inserire tra i parametri delle fasce regionali anche la copertura vaccinale. Così si passerebbe dalla responsabilità individuale al dovere sociale».
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