L’inflazione non fa paura
Carlo Cottarelli
Tanto tuonò che piovve, dirà qualcuno. A forza di aumentare la spesa pubblica in deficit e a forza di finanziare questi deficit con il credito delle banche centrali (cioè stampando moneta), l’inflazione è ripartita nei principali paesi avanzati. In realtà, il problema è meno preoccupante di quanto i dati suggerirebbero a prima vista. Andiamo allora a vedere i dati sull’inflazione, capiamo perché non ci dobbiamo preoccupare troppo, ma anche perché qualche rischio esiste. Il dato che più ha impressionato è stato quello degli Stati Uniti dove l’inflazione nei 12 mesi terminanti ad aprile 2021 è balzata al 4,2 per cento. Nei soli primi quattro mesi dell’anno i prezzi sono cresciuti del 2,6 per cento, ossia a una velocità annualizzata di quasi l’otto per cento.
Che è successo nell’area dell’euro? Nei 12 mesi terminanti ad aprile l’inflazione è ancora bassa (1,6 per cento). Ma anche nell’area euro i primi quattro mesi del 2021 sono stati da record. L’aumento dei prezzi è vicino al 2 per cento, ossia 6 per cento annualizzato. Da quando c’è l’euro l’aumento dei prezzi non era mai stato così alto nei primi quattro mesi dell’anno.
Calma e sangue freddo. E’ prematuro preoccuparsi troppo per due motivi. Primo: è normale che, uscendo da una recessione forte e rapida come quella da Covid, i prezzi aumentino. La domanda torna a livello normale, i prezzi tornano a livello normale. Secondo: l’inflazione è stata spinta dai prezzi di molte materie prime la cui produzione sembrerebbe essere stata frenata temporaneamente da fattori contingenti, come la ministra del tesoro americana Yellen ha prontamente ricordato. Al tempo stesso, è da qualche mese che diversi economisti, tra cui Larry Summers e Olivier Blanchard (che non sono certo due falchi fiscali), hanno notato i rischi per l’inflazione derivanti dal nuovo pacchetto di stimolo fiscale introdotto dall’amministrazione Biden, pacchetto che manterrà il rapporto tra deficit pubblico e Pil negli Stati Uniti vicino a quel record del 16 percento registrato nel 2020, il più alto dal 1943). Questo, in un’economia che già da tempo era in ripresa. E ancora buona parte di tale pacchetto deve essere implementato e sarà rafforzato dall’annunciato piano infrastrutturale (solo in parte finanziato da nuove tasse).
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