I figli degli altri
Mattia Feltri
Anche Mario Draghi, come ogni leader italiano dell’era contemporanea, ha espresso tutta la sua preoccupazione per il calo delle nascite. «Un’Italia senza figli non ha futuro», ha detto. Se non ricominciamo a fare figli, avremo una società sempre più vecchia, mantenuta da un numero sempre minore di giovani, e soprattutto una società poco pronta a stare al passo con i tempi. Impossibile dargli torto.
Poi però, in altre occasioni, gli studi demografici segnalano un altro problema: la sovrappopolazione del pianeta. Quando sono nato (1969), ho trovato ad accogliermi circa tre miliardi e mezzo di esseri umani. Quando ho sostenuto l’esame di maturità eravamo già a cinque. Quando sono stato assunto alla Stampa (2005) stavamo raggiungendo i sei miliardi e mezzo.
L’anno prossimo supereremo gli otto. Se andaste a leggervi uno di quegli sterminati report sui danni provocati alla Terra dalla sovrappopolazione (consumo di acqua e cibo, inquinamento, attentato alle biodiversità e mille ancora) vi verrebbe voglia di intitolare una piazza a Erode. L’idea che, per garantirsi un futuro, una società debba fare figli all’infinito è comprensibile, ma sa un po’ di schema Ponzi, senza via d’uscita e alla lunga insostenibile. A meno che noialtri italiani (e in generale noi europei) non ci convinciamo di ricominciare a farne, e intanto convinciamo Asia, Africa e Sudamerica a non farne più. Un po’ complicato. Certo, ci sarebbe un’altra possibilità: che loro, finché ne fanno, ne mandino a noi che abbiamo smesso di farne. Lo so, si chiama immigrazione, e qualcuno la chiama sostituzione etnica. A me sembra la banale storia dell’uomo.
LA STAMPA