Giuseppe Conte e il tesoro di Acqua Marcia. Ecco la vera storia
Con il socio di maggioranza agli arresti domiciliari e i creditori alle porte, nell’agosto del 2012 Centofanti venne addirittura promosso presidente di Acqua Marcia per alcune settimane. Reclutato nel 2008 per tessere relazioni d’alto bordo, dalla politica ai banchieri, il lobbista fece il suo mestiere e diventò il regista del disperato tentativo di salvare un gruppo che controllava 26 società, gestiva aeroporti, immobili, strutture turistiche e alberghi di lusso come il Villa Igea di Palermo e il Molino Stucky sull’isola veneziana della Giudecca. Non c’era tempo da perdere perché le banche minacciavano di pignorare immobili e titoli e c’era il pericolo concreto della bancarotta. Serviva un’intesa di massima con i creditori per arrivare a un’ipotesi di concordato da sottoporre al tribunale fallimentare di Roma.
A fine settembre alla presidenza del gruppo venne indicato un commercialista esperto come Tiziano Onesti, che nel video della mostra appare con Centofanti, Di Marzio e Conte. Occorreva, però, anche una squadra di consulenti che mettesse a punto un piano di rientro dai debiti. L’incarico era ambito da molti professionisti perché Acqua Marcia valeva oltre 2 miliardi di euro di attivo e le parcelle sono commisurate al valore del patrimonio. Come si legge nel verbale del consiglio di amministrazione di Acqua Marcia del primo febbraio 2013, l’incarico di predisporre «il contenuto della domanda di concordato» fu affidato agli avvocati Guido Alpa, Giuseppina Ivone ed Enrico Caratozzolo (in quest’ordine nel documento, ndr). Oltre a questa squadra di legali, Acqua Marcia si avvalse anche della collaborazione di Conte. Il nullaosta dei giudici al concordato è del giugno 2013. Secondo quanto emerge dalle carte societarie, la parcella totale dei tre professionisti fu di 1,6 milioni di euro. Alpa venne contattato da Centofanti come già avvenuto per un parere sulla vicenda del porto di Imperia e non da Bellavista Caltagirone, che interpellato dall’Espresso dice di non conoscere il legale ligure con studio a Genova e Roma. Di sicuro né Caratozzolo né Ivone avevano lo spessore giuridico e la conclamata reputazione di Alpa. Il primo era l’ex assistente di Michele Vietti, già sottosegretario alla Giustizia nel governo di Silvio Berlusconi e in quel periodo vicepresidente del Csm.
Negli ambienti giudiziari di Roma l’avvocata Ivone era
nota anche per le sue collaborazioni professionali, fra pubblicazioni e
seminari, con Di Marzio, il magistrato immortalato nel video del
dicembre 2012 con Conte e Centofanti. La stessa Ivone ha spiegato
all’Espresso che per Acqua Marcia fu interpellata da Caratozzolo
all’inizio del 2012. E i dubbi sono più di uno: in quel momento non
c’era l’ipotesi del concordato e sfuggono i titoli che permettessero a
Caratozzolo di contattare colleghi. Con il concordato in corso, dal
giugno 2013 e sino al 2016 in qualità di legale delle società di Acqua
Marcia, Ivone ha incrociato il suo percorso professionale con Roberto
Falcone, nominato dal tribunale come commissario giudiziale di una
controllata del gruppo, la Acquamare. Falcone e Ivone, amici di vecchia
data, oggi condividono lo studio a Roma anche con Di Marzio, che nel
2019 si è dimesso dalla magistratura e adesso fa l’avvocato. Ivone
sostiene che la sua amicizia con il collega Falcone diventato
commissario giudiziale non solleva alcun problema di conflitto
d’interessi, anche se hanno lavorato su due lati opposti: uno per conto
della procedura e l’altra a libro paga del gruppo Acqua Marcia. Il nome
dei due professionisti si sovrappone anche in altre occasioni. Nominato
curatore fallimentare dell’università privata Cepu, per esempio, nel
2016 Falcone ha chiamato l’amica e collega come legale della procedura.
Quando
fu ingaggiata per l’importante e redditizio incarico di consulente di
Acqua Marcia, l’avvocata Ivone era conosciuta come professionista
specializzata in crisi d’impresa. E proprio in questo campo, due anni
prima, aveva già potuto cimentarsi nel compito fin lì di maggiore
importanza e prestigio della sua carriera e l’unico fuori da Roma. A
febbraio del 2010, infatti, Ivone fu nominata curatrice fallimentare del
gruppo di cliniche Villa Pini di Chieti. L’incarico le era stata
affidato dal giudice Adolfo Ceccarini, al pari di Ivone grande amico di
Di Marzio. Pochi mesi dopo, a fine 2010, Ceccarini arriverà al tribunale
fallimentare di Roma. Di Marzio ha confermato all’Espresso la sua
amicizia con Ceccarini, ma ha specificato di averlo conosciuto soltanto
dopo il 2010. Nel 2013 la procedura fallimentare del gruppo Villa Pini
ha messo all’asta l’imponente collezione di quadri e altri oggetti di
valore di Vincenzo Angelini, l’ex proprietario del gruppo. Per gestire
la vendita fu chiamato, «nel rispetto di tutte le procedure», dice
Ivone, il critico d’arte Matteo Smolizza. Il suo nome compariva anche
tra i consulenti della liquidazione di Cepu il cui curatore era Falcone.
Smolizza ha collaborato più volte con Di Marzio: per le attività
artistiche private dell’ex magistrato e per i suoi progetti culturali
con l’Osservatorio agromafie di Coldiretti di cui è componente.
AMICO A DISTANZA
Adesso
Di Marzio è responsabile dell’area giuridica di Coldiretti e ha un
ufficio nella sede a un passo dal Quirinale. Per l’Ordine degli avvocati
di Roma, però, l’ex magistrato risulta domiciliato in piazza Cavour
nello studio di Falcone e Ivone. «Condividiamo l’appartamento con
Falcone, ma non c’è alcuna associazione professionale» dice Ivone, che
però insieme a Falcone controlla anche una società, la Servizi
immobiliari professionali.
Di Marzio ha accettato di
rispondere all’Espresso a proposito di questi incroci che possono
apparire quantomeno inopportuni: «Un sodalizio professionale come l’ho
avuto con Giusy (Ivone) l’ho avuto anche con Giuseppe (Conte). Nel
dicembre 2019 sono stato assunto dall’università di Pescara perché ho
superato un concorso per professore ordinario di diritto privato. A quel
punto ho deciso di verificare la possibilità di iscrivermi all’albo
degli avvocati. Tuttavia», continua Di Marzio, «dal gennaio 2020 ho
accettato di svolgere la mia attività di capo area giuridica di
Coldiretti. Dovevo però indicare un domicilio ai fini della regolarità
dell’iscrizione. E allora lì (nell’ufficio di piazza Cavour, Ndr) ho tre
amici. Giusy è una mia amica. Io ho messo il mio nome nella targa e tra
l’altro è la mia domiciliazione effettiva, ma non ho neanche una stanza
lì perché non do alcun contributo economico. Non c’è nessuna
associazione professionale».
Di Marzio ha incontrato Ivone
quand’era giudice nel 2006, la frequentazione con Conte è meno datata,
ma ha una svolta nel novembre 2013. Quando l’editore Giuffré assegnò a
Di Marzio e Conte, perché Alpa declinò l’invito, la direzione della
rivista giuridica “Giustizia Civile” nel novembre 2013. In quel periodo
la Cosmec di Centofanti, una società usata dal lobbista per affari poi
finiti sotto processo, organizzò una serie di convegni, conclusi da
Alpa, per celebrare l’edizione digitale della rivista giuridica. Di
Marzio ha ricordato di aver incrociato Centofanti più o meno a ridosso
del vernissage del 2012 e che nel 2013 alla Cosmec, specializzata nei
dibattiti di magistrati e avvocati, fu delegata la logistica dell’evento
e la ricerca degli sponsor, che poi furono trovati in Eni, Enel e Gse.
Di Marzio smentisce di essere un suggeritore occulto dell’amico Giuseppe
e dunque di aver interferito, come gli è stato attribuito, nella
mancata nomina del pm Nino Di Matteo alla guida del Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria (Dap) durante il mandato ministeriale
del Cinque stelle Alfonso Bonafede, a sua volta molto amico del due
volte presidente del Consiglio. L’ex magistrato confessa anche di aver
diradato gli incontri di persona con il suo amico Conte per evitare
reciproci imbarazzi. «Con Giuseppe ho vissuto i giorni delle
consultazioni nel maggio 2018», racconta Di Marzio. «Potevo ambire a
molto», aggiunge, «ma ho preferito restargli lontano». Nel suo colloquio
con L’Espresso, Di Marzio ha menzionato soltanto un’unica eccezione
alla regola, quando il ministro Bonafede lo nominò nel comitato
direttivo della Scuola superiore della magistratura.
Adesso Conte, intervistato dal Fatto Quotidiano, neanche si ricorda se fu Centofanti a firmare i suoi contratti per Acqua Marcia. Non ricorda che Caratozzolo era un’estensione di Vietti, che Alpa l’ha tirato su bene, che Ivone era amica del suo amico Di Marzio. Non ricorda, insomma, che viene da lì, da una famiglia allargata. «I can’t give you what you think you gave me». «Non posso darti quello che tu pensi di avermi dato». È sempre Adele, colonna sonora di quel vernissage. Quando c’erano tutti, come altre, tante volte. E Conte sapeva chi dava e chi prendeva.
L’ESPRESSO
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