“Via il codice degli appalti usiamo le regole europee ora una tassa su Amazon”

Andrea Malaguti

La nuova moda primavera estate del centrodestra casalingo è piuttosto semplice. La Meloni è l’alieno nascente e Matteo Salvini il guardiano in carica dei cieli scuri, infastidito dall’arrivo dell’extraterrestre (cit.) che lo vorrebbe rimpiazzare. E mentre i due raccontano ai retroscenisti il loro amore viscerale, i retroscenisti sanno che l’amore viscerale vive sui messaggi WhatsApp e muore sulla scelta dei sindaci di Roma e di Milano. Su sensibilità da sempre differenti e soprattutto sul diritto di intronarsi a Palazzo Chigi. Che cosa voglia Salvini – dal Covid agli appalti, dalle tasse, al Quirinale – lo scopriamo in questa intervista a La Stampa. Che cosa si aspetti la Meloni lo vedremo domani, quando il gran consiglio dei conservatori si riunirà per discutere di nomine, sindaci e futuro. Nel frattempo, ci sono una ferita da sanare e una rivincita da prendere. Convinto che sul pasticcio Copasir la Meloni abbia fatto un accordicchio con Conte, Salvini – folgorato dalla concretezza draghiana – pensa di lasciarla fuori dalla mano di carte sulle nomine Rai. Ma tranquilli, ai retroscenisti diranno che non è mai andata così bene. E in effetti anche a noi.

Senatore Salvini, perché la proposta del segretario del Pd di ricavare una dote per i giovani dalle tasse di successione sui grandi patrimoni vi fa rabbrividire? «Sostenere i giovani è importante e di sicuro parleremo ancora a lungo di come proteggerli, ma se riusciamo a non tassare i loro genitori e i loro nonni – che di tasse ne hanno già pagate parecchie – mi sembra meglio».

Parliamo di super ricchi e di eredità milionarie.

«Sa che oggi in piazza c’è stata la marcia per la vita?».

Lo so, che c’entra?

«C’entra. Io credo che un’Italia senza figli sia destinata a morire e per invertire la rotta un’idea ce l’ho: tassiamo Amazon e i colossi come Amazon, che in Europa hanno fatturati giganteschi e di tasse pagano cifre ridicole».

Da solo non ce la fa, le serve l’Europa.

«Vero. Ci stiamo lavorando assieme a Draghi. L’esempio dei vaccini insegna. Abbiamo fatto da apripista con i farmaci, possiamo farlo anche con le tasse agli Over the Top».

Si è innamorato di Draghi.

«Mi piace».

Prima lo detestava, era il capo di tutti i complotti.

«Non lo conoscevo e in effetti mi ha conquistato. Ha un nome, autorevolezza e personalità. È pratico, sa quello che dice, non ha bisogno di discorsi di due ore come capitava a Conte. È abituato a risolvere le cose».

Presidente della Repubblica?

«Non lo tiro più per la giacchetta. Per ora presidente del Consiglio. Ma il Colle è più un problema per Pd e 5 Stelle, mi pare di capire che i democratici di candidati ne abbiano uno per corrente».

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