Tinagli: “Giusto tassare le eredità, ma escludiamo i rami d’azienda”
Al vertice ho detto che non è possibile tornare alle vecchie regole pre-pandemia, ma occorre discutere sin da adesso di una sua riforma. Capisco le cautele del vicepresidente Dombrovskis (responsabile del dossier, ndr) e le difficoltà legate all’approvazione del Recovery Plan, ma non possiamo tenere la testa sotto la sabbia».
A che riforma pensa?
«Se vogliamo cogliere fino in fondo
l’occasione del Recovery Plan, occorreranno investimenti enormi anche
negli anni successivi. Occorre introdurre qualcosa che assomigli ad una
regola aurea per lo scorporo di alcune tipologie di investimenti dal
deficit».
Nel
frattempo la Banca centrale europea inizierà a discutere il superamento
del piano antipandemico, che oggi permette a Francoforte di acquistare
tutto il debito di cui l’Italia ha bisogno. La scadenza è fra meno di un
anno, a marzo del 2022. La presidente Christine Lagarde continua a dire
che il piano verrà prolungato, ma dai Paesi nordici cominciano ad
arrivare proposte per un’uscita ordinata. Che fare?
«Lo
dico chiaramente: ho il timore che l’Europa e l’Italia si possano
trovare di fronte contemporaneamente a politiche fiscali e monetarie
restrittive. Per noi italiani sarebbe una congiuntura micidiale,
esattamente ciò che provocò la doppia recessione, prima nel 2008, poi
nel 2011-2012. Fra gli economisti il tema è ampiamente dibattuto, fra i
politici meno».
A
proposito: è vero che l’avvio del Recovery Plan potrebbe slittare a
settembre? Ci sono nove Paesi che non hanno ancora presentato il piano,
cinque non hanno ratificato l’accordo sulle risorse proprie, la
condizione necessaria a far partire il processo. Per l’Italia
significherebbe attendere altri mesi per ottenere la prima tranche di
aiuti a fondo perduto, circa 25 miliardi.
«Il rischio potrebbe esserci. Ciascuno
è vittima delle polemiche nei rispettivi Paesi, e questo non aiuta. Ma
voglio essere ottimista: sembrava che il grande punto interrogativo
fosse la ratifica della Finlandia, ora quella ratifica c’è».
Mancano Polonia, Ungheria, Romania. Tutti beneficiari netti di aiuti europei, peraltro.
«Occorre più unità politica».
Lei pensa che l’autorevolezza di Mario Draghi possa essere utile all’Unione anche se eletto al Quirinale?
«La
stabilità politica di un Paese è importante sempre. Ciò che mi
impressiona quando rientro in Italia è la superficialità con la quale
viene raccontato il Recovery Plan. Molti pensano che sia tutto finito, e
invece il difficile inizia ora. Abbiamo tempo fino al 2023 per
impegnare le risorse e far partire i progetti. E’ domani».
Non mi ha risposto su Draghi.
«Io mi auguro che resti a Palazzo Chigi il più a lungo possibile. Mi sembra sia ciò che auspicano anche qui a Bruxelles».
LA STAMPA
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