Il “borsino” delle nomine: chi sceglierà Draghi per le partecipate?
La partita delle nomine è in pieno svolgimento e sta ristrutturando notevolmente i rapporti tra politica istituzionale e partiti già impattati con decisione dall’avvento al potere di Mario Draghi nel febbraio scorso. Il metodo imposto dal presidente del Consiglio sulle nomine alle partecipate pubbliche si basa su un rilancio del ruolo dell’apparato pubblico e degli azionisti di riferimento delle partecipate, ministero del Tesoro in primis, a scapito di quello dei partiti nel processo di selezioni dei boiardi di Stato e sulla centralizzazione delle procedure su una ristretta nicchia di funzionari e consiglieri.
Francesco Giavazzi, il principale consigliere economico del premier, sta in questi giorni assumendo un ruolo centrale e decisivo, maggiore di quello del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli e del capo di gabinetto di Draghi Antonio Funiciello, nel vagliare curriculum e candidature. Istruendo al meglio sui dossier il presidente del Consiglio che, con impostazione gesuita, in fin dei conti deciderà in autonomia.
“Citofonare Giavazzi”, ricorda Tag43, è il leitmotiv che si sentono ripetere gli amministratori uscenti e i nuovi candidati quando vengono vagliati per le posizioni chiave destinati alle società con i vertici in scadenza: Cdp, Ferrovie dello Stato e Rai rappresentano il piatto forte, quello con la massima visibilità strategica e politica, ma ci sono da rinnovare anche i consigli di amministrazione di Gse – Gestore dei Servizi Energetici, Invimit, Sogei; Banca Mps e Leonardo hanno invece la necessità di rinnovare i Collegi Sindacali.
Come può cambiare Cdp
L’economista che a lungo ha rappresentato assieme al compianto Alberto Alesina il volto più noto del liberalismo italiano e che oggi si rilancia come “regista” dell’anima keynesiana dell’apparato a partecipazione pubblica è stato ad esempio, nelle scorse giornate, l’antemurale che ha impedito all’ad uscente di Cassa Depositi e Prestiti, Fabrizio Palermo, di accedere direttamente alla stanza del premier. Come abbiamo avuto modo di apprendere, questo segnala che per la banca pubblica di Via Goito la partita per la direzione che assumerà valore cruciale nel quadro della progettazione del rilancio del Paese con il Recovery Fund e che vede Palermo contendersi la leadership con il “draghiano” Dario Scannapieco è apertissima.
Per la presidenza, invece, come da tradizione la Cassa ha fatto sì che a indicare la figura ideale fossero gli azionisti di minoranza, ovvero le casse di risparmio e le fondazioni bancarie. In questo contesto, il presidente Giovanni Gorno Tempini è stato indicato dalle Acri – che detengono complessivamente il 15,93% del capitale di Cdp – per un secondo mandato alla guida del consiglio di amministrazione che tra il 20 e il 27 maggio dovrà essere rinnovato. Qualora Gorno Tempini dovesse dirsi indisponibile, si è parlato dell’ambasciatore Giampiero Massolo come suo possibile sostituto, per quanto oggigiorno l’ex direttore del Dis sia già impegnato in due cariche di peso con la presidenza di Fincantieri e del centro studi Ispi.
La partita di Ferrovie dello Stato
Nelle Ferrovie Gianfranco Battisti, ad uscente, rischia. All’attuale manager di Fs viene in particolare rimproverata la scelta di farsi liquidare oltre 1,5 milioni di euro dall’assicurazione del gruppo tra il 2014 e il 2016 di cui oggi la società e Assicurazioni Generali contestano la validità.
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