Il “borsino” delle nomine: chi sceglierà Draghi per le partecipate?

In quota per una sostituzione le possibilità di emersione dell’ex capo delle strategie Fabrizio Favara, di cui a Roma si racconta Battisti abbia timore e abbia voluto mandarlo in Spagna a guidare la joint venture sull’alta velocità per impedire che gli facesse ombra, ritenuto conforme all’identikit di manager aperto al mercato e dalla visione internazionale che Draghi vuole lanciare con la tornata di nomine. Tpi parla di altri due possibili nomi: Paolo Scaroni Donato Iacovone. Il primo, ex ad di Eni e attuale presidente del Milan, è membro della cerchia stretta di consiglieri del premier; il secondo è amministratore delegato di WeBuild (ex Salini-Impregilo) ed è stato a lungo direttore della filiale italiana del colosso della consulenza Ernst&Young e assieme a Rodolfo Errore, ex partner della medesima società, è tra le figure di riferimento del partito personale dell’ex premier Massimo D’Alema. Per questo, a meno di possibili cambi di assetto dell’ultimo momento, pensiamo che il nome di Iacovone possa esser meno quotato, in quanto la stella dello storico leader della sinistra italiana appare in eclissi dopo la fine del governo Conte II ben farcito di suoi fedelissimi.

Il groviglio delle nomine Rai

Assai spinoso è invece il nodo Rai, dove il presidente Marcello Foa e l’ad Fabrizio Salini, scelti dal governo gialloverde nel 2018, dovranno essere sostituiti. L’amministratore delegato dovrà godere del favore del premier e del ministro dell’Economia Daniele Franco che rappresenta l’azionista di riferimento: secondo Tpi Marcello Ciannamea, attuale direttore distribuzione caso di scelta interna, avrebbe diverse chanches, mentre “parte del mondo finanziario milanese sta spingendo per l’ex Raffaele Agrusti (anche ex Generali)”. La stampa, in questi giorni, sta dando per papabili anche altri nomi provenienti dall’apparato di Via Mazzini: Paolo Del Brocco (ad Rai Cinema); Alberto Matassino (dg Rai); Roberto Sergio (direttore Radio Rai); Nicola Claudio (direttore governance e segreteria societaria). In alternativa ci sono possibilità per la candidatura di una donna esterna alla Tv di Stato, Laura Cioli (ex Sky e Gedi).

Il nodo spinoso sarà la presidenza: la figura scelta dovrà essere frutto di un compromesso tra Draghi e i partiti maggiore di quello possibile sulle altre nomine apicali, in quanto la figura selezionata dovrà superare la maggioranza dei due terzi in Commissione di vigilanza. Per questo sembrerebbe complessa la possibilità che la figura selezionata sia l’economista Fabrizia Bria, preparata e competente studiosa oggi in Cdp ma ritenuta troppo organica al Partito Democratico, di cui si è parlato nelle ultime ore: la Bria potrebbe, piuttosto, ricoprire un posto in cda. Il Sussidiario ricorda che un altro nome in crescita è quello di Simona Agnes, “figlia di Biagio Agnes, l’uomo di fiducia della Dc, che la Rai l’ha governata ininterrottamente per decenni”. Draghi per ora tergiversa e non si espone. Dalla scrivania di Giavazzi, probabilmente, passeranno un bel po’ di curriculum riguardanti la Rai. A meno che, come la prassi gesuita imparata nella sua formazione vuole, il premier non abbia in fin dei conti già deciso. La strana ritualità delle nomine del 2021 ha valenza politica notevole. Non sono da escludere altre sorprese: quella delle nomine è una sfida troppo delicata per dichiararla chiusa prima di vedere le liste che il governo deciderà.

IL GIORNALE

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