L’Italia delle fragilità
La pandemia che ci affligge mette a dura prova il Paese e le sue istituzioni, e l’uso che faremo del Recovery Fund avrà conseguenze di grande portata e di lunga durata, che richiederebbero uno sguardo lungimirante e una profonda condivisione: ma gli indizi in questa direzione scarseggiano. Le carenze del sistema sanitario, dovute alla sua regionalizzazione e alla riduzione dei fondi, sono chiare a tutti, ma non si vede all’orizzonte la radicale correzione di rotta di cui il Paese avrebbe bisogno, se non altro per dare attuazione al diritto alla salute (art. 32 Cost.); né si son tratte le conseguenze dal fatto che lo scarso investimento in ricerca ha tagliato l’Italia fuori dalla corsa mondiale ai vaccini. Sono ora previsti cospicui investimenti in infrastrutture e lavori pubblici come fattore per la ripresa dell’economia, ma anche meccanismi di semplificazione delle procedure di controllo (dalla valutazione di impatto ambientale alla tutela paesaggistica affidata alle Soprintendenze) che allenterebbero la sorveglianza territoriale, aprendo la porta a un indiscriminato silenzio-assenso, anche se più volte condannato dalla Corte Costituzionale.
Se questo sarà lo scenario, anche le misure di archeologia preventiva previste dalla legge verranno mortificate, sottoponendo il prezioso suolo del Paese a uno stress senza precedenti e ingenerando perdite imperdonabili (una tavola rotonda su questo tema si terrà il 28 maggio all’Accademia dei Lincei). Non meno allarmante è la drammatica scarsezza di personale del Ministero della Cultura, destinata ad aggravarsi con nuove ondate di pensionamenti. Situazione paradossale: davanti a nuove grandi opere c’è urgente bisogno di chi eserciti la tutela paesaggistica prevista dalla Costituzione (art. 9), ma i fondi del Recovery Fund non possono esser spesi in nuove assunzioni a tempo indeterminato. Si ricorrerà dunque ad assunzioni temporanee, creando nuove sacche di precariato e diminuendo l’efficacia dell’azione amministrativa. La cronica fragilità del Paese non si cura in una notte, ma in una notte può invece aggravarsi se verranno prese misure di corto respiro che mortificano il territorio e le istituzioni. Se mancherà la capacità di guardare lontano, nell’interesse delle generazioni future.
LA STAMPA
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