Tensione nei partiti in competizione tra loro. L’irritazione di Draghi per i ritardi sull’agenda
Davanti a questo scenario persino gli uomini di Letta si dividono. Mentre un membro della segreteria ammette che «è necessario attrezzarsi al salto», un altro invece definisce l’esecutivo «un governo di destra», avvisa Draghi che «potrebbe finire come Monti» e che «il Pd non accetterà mai di fare la parte di Scelta civica». Nell’esecutivo sono consapevoli, e lo dicono, che «certe visioni contrapposte stanno esplodendo». Sia chiaro, questa situazione non mette a repentaglio la stabilità. Il premier si sta mostrando abile nel tenere i rapporti con i ministri: alle riunioni della cabina di regia, per esempio, discute con Patuanelli. Tranne poi appoggiarsi a Di Maio nei passaggi che contano. E guarda caso l’altro ieri il ministro degli Esteri è intervenuto sul decreto Semplificazioni mentre montava la polemica, spezzando una lancia a favore di Draghi: «Per far ripartire il Paese serve cambiare le procedure».
Le tensioni sulle riforme insomma non intaccano il governo, mettono alla prova la tenuta delle forze politiche e i loro rapporti di alleanza. Sulla giustizia, il dem Raciti chiede al partito di assumere una posizione garantista, che però confligge con la posizione dei grillini: «Ma se c’è un problema che si trascina dal ‘92, se c’è un gabinetto di larghe intese, se c’è un ex presidente della Consulta come Guardasigilli, se c’è una devastante crisi di sistema nella magistratura, noi — davanti a una riforma che serve alla Repubblica — dovremmo metterci a fare i girotondi?».
Così salta il tappo, tra e dentro i partiti, con un pezzo di Pd che arriva ad attaccare frontalmente Orlando, «che ora ha problemi con Draghi e persino con la sua constituency nel mondo di sinistra». Più o meno lo stesso clima che poco tempo fa si respirava nella Lega, dove Salvini aveva tolto il dossier delle nomine a Giorgetti. Ora la situazione nel Carroccio è migliorata, «il nostro unico problema — diceva il capogruppo Molinari — resta quello dell’immigrazione». Ma ieri, dopo l’iniziativa sul tema presa a Bruxelles da Draghi, Salvini ha ringraziato il premier. La ruota gira. Le larghe intese sembrano una lavatrice con il programma impostato sulla centrifuga.
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