La guerriglia dopo il no di Mattarella

In questo quadro, si tende a dimenticare un altro appuntamento, l’elezione del primo cittadino della capitale. Roma, la capitale che per cento ragioni più di tutte è l’immagine di uno Stato nel mondo, al di là di ogni retorico patriottismo di maniera. Una elezione che, in condizione di normale ordinarietà democratica, è non meno importante di quella del capo dello Stato. Il nuovo primo cittadino di Roma andrà a sostituire, e dovrà far dimenticare, recuperando un vuoto di quindici anni, un sindaco (2008/2013), alla cui opera la capitale e l’Italia debbono un periodo di rilassatezza morale e prosperità criminale ordinaria, politica e burocratica. Un sindaco fantasma (2016/2021), ricomparso negli ultimi mesi di mandato a trivellare con ossessione il manto stradale, per dare memoria di sé e proporsi per un secondo mandato. In realtà, il primo reale. Tra i due, un sindaco (2013/2015), cacciato dal proprio partito con miserabile protervia istituzionale e con la mano ben nascosta dietro la burocraticità dell’atto di un notaio, per riaffermare che con i partiti non si scherza, leggi o non leggi. A risentirci tra qualche mese, e buona sorte all’Italia.

LA STAMPA

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