Bruno Vespa: “La mia vita Porta a Porta, ma l’ultima passione è il vino”

Invece è diventata la Terza Camera. Il suo ego è esploso?

«Fu Andreotti, disse che quando andava al Senato non se lo filava nessuno e che quando veniva da me lo chiamavano tutti».

Che rapporto ha con il potere?

«Disinvolto. Chi siede da noi ha titolo per farlo. Non ho mai imbrogliato alcuno. Sono un equilibrato per natura, ho le mie idee, ma lascio esprimere quelle degli altri garantendo bilanciamento sostanziale».

Parliamo della bagarre dei tetto ai compensi. Lei è stato accusato di essersi aggiustato il contratto come titolare di prestazione artistica, evitando così la tagliola riservata al personale pubblico e alle società partecipate. Che risponde?

«Il tetto ai compensi è stata un’idea sciagurata di Matteo Renzi, che peraltro è un ragazzo intelligente. Con il risultato che l’ad guadagna quanto il capo dell’ufficio abbonamenti. Detto questo, il mio non fu un escamotage. Biagi era configurato come artista grazie a una clausola del contratto che abbiamo tutti. Una non-notizia, ma visto che si trattava di me, diventò un caso».

Suo figlio Federico ha scritto un libro nel quale racconta la sua depressione durata anni e di come ne è uscito. Avere dei genitori ingombranti può essere un peso?

«Io sono ingombrante per definizione, un padre conosciuto è un ingombro».

Ha letto il libro da padre o da scrittore?

«Che sapesse scrivere bene già lo sapevo, perciò l’ho letto da genitore. Mi sono infastidito per alcune imprecisioni che gli ho chiesto di aggiustare, ma lui non l’ha fatto. Siamo una famiglia unitissima dai caratteri diversi».

È appena uscito il suo libro “Quirinale, dodici presidenti tra pubblico e privato”». Quale è stato il suo presidente d’elezione e il meno gradito?

«Cossiga, dopo scontri pubblici pazzeschi. Gli dissi che non lo querelavo unicamente per rispetto alla carica. Da lì nacque una grande amicizia. Quello che mi piacque meno fu Scalfaro, non si comportò bene con Berlusconi, che sentiva come un corpo estraneo».

A proposito di Berlusconi, è vero che avrebbe detto a Renzi di aver candidato lei al Colle?

«Me lo ha detto Renzi e non ho motivo per dubitare. Ovviamente è una cosa fuori dal mondo, come gli ha risposto Renzi stesso».

Che rapporto aveva con San Giovanni Paolo II?

«Wojtyla è il mio Papa. Non dimenticherò mai l’incontro a Cracovia quando era cardinale. Rimasi impressionato dalla presa che aveva sui giovani. Salutandoci, d’impatto gli chiesi se non fosse arrivato il tempo per un papa polacco. Lui mi rispose: “Troppo presto”. Da credente mi sono convinto che nei piani divini, di mezzo dovesse esserci Giovanni Paolo I a fare da cuscinetto».

Wojtyla contribuì molto al crollo del muro?

«Diede la spallata definitiva, perciò pensarono bene di sparargli».

Il caso Renzi-Mancini e l’incontro in autogrill ripreso da una signora di passaggio e mandato su Report. Che ne pensa?

«Non mi piace parlare di trasmissioni altrui. Ma trovo strano che una professoressa passi per caso e ancora per caso riconosca i due e riesca a filmarli. Clamoroso».

Il Covid ha rubato ai ragazzi anche le loro foto di scuola. Lei riguarda le sue foto di classe e, quando si vede con Giorgio Pietrostefani, mandante dell’omicidio Calabresi, che pensa?

«La scuola è un pezzo di vita, ma guardando quelle foto vedo persone oggi anziane. La penso come Mario Calabresi, il figlio del commissario ucciso, non è tempo per la vendetta. Ma il passo di Macron di ristabilire il principio è stato enorme».

Ecosì di slancio arriviamo alla sua terza vita, certamente la più invidiabile, quella di produttore di vino e non solo….

«Io sono da sempre un appassionato di vino. Luigi Veronelli è stato il mio maestro di bicchiere e ho imparato da grandi produttori e da Riccardo Cotorella, il presidente mondiale degli enologi. Il Salento è stato un caso felice, dopo varie vicissitudini con soci, ho rilevato la masseria Li Reni del Cinquecento con 500 ettari di vigneto che stanno lavorando bene. Vendo in una ventina di Paesi nel mondo e mi emoziona pensare che a New York, in Canada o a Seul stanno bevendo un mio vino. Ho un bianco fantastico è dedicato a mia moglie, il Donna Augusta, che ha ottenuto ottime recensioni. E abbiamo un resort che prima del Covid aveva ospiti da 52 Paesi del mondo. Lo gestiamo noi di famiglia, il ristorante invece è curato da un amico che ha trasferito la sua brigata dalla vicina Manduria a noi. Una terza vita tutta da assaporare».

LA STAMPA

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