Lo spettro di Monti s’aggira al Nazareno

In fondo, era prevedibile che il “cambio pagina” dall’emergenza sanitaria a quella economico sociale avrebbe reso il gioco duro. Il punto è come a questo cambio pagina si è arrivati, se per destino o per scelte compiute. E la sensazione è che il nodo della collocazione del Pd nel governo sia ancora irrisolto. Resta cioè quel paradosso che ne ha accompagnato la nascita, mal gestita e mal digerita, con la conseguente rinuncia a esserne il “motore” politico – perché chi avrebbe potuto esserlo, forse i partiti populisti o i Cinque Stelle al collasso o Forza Italia all’estinzione? – in nome di un grande progetto di ricostruzione nazionale. E invece è difficile trovare un terreno di iniziativa politica del Pd in grado di influenzare l’azione del governo: le riaperture lasciate a Draghi, la pubblica amministrazione a Brunetta, il codice degli appalti a Landini.

In assenza di questa discussione mai svolta, il segretario, che ha ereditato una situazione storta nel manico, ha affidato il recupero identitario alla polemica con Salvini ma, nonostante la sua cultura politica e l’affinità di linguaggio con l’attuale inquilino di palazzo Chigi, si è ritagliato il ruolo di motore del prossimo, con proposte buone per la legislatura che verrà. Caratterizzano ma incidono poco, mentre nel presente, in fondo, si accetta tutto. Da che mondo è mondo, un grande partito, garante del progetto di ricostruzione dell’Italia, non si espone a una bocciatura delle sue proposte, su temi così delicati, redistribuzione e licenziamenti, se ci crede davvero. Se li ritiene cruciali, magari non fa cadere il governo, ma quantomeno lo fa ballare, ci fa una battaglia, insomma mica molla così. Invece sono già archiviati. E l’impressione è che il posizionamento a sinistra, così concepito, rende poco credibile l’azione nel governo, e l’azione del governo rende poco credibile il posizionamento a sinistra.

L’HUFFPOST

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