Bolle: “La Fracci ha anticipato un’epoca ballando in tv e nelle piazze, mi ha aperto la strada”
ALBERTO MATTIOLI
«Io com’ero? Emozionato e terrorizzato». Roberto Bolle aveva vent’anni e a Tokyo, nello Spectre de la rose, ballò per la prima volta con Carla Fracci: «Un mito. Siamo cresciuti, tutti, associando la danza al suo nome. Una perdita enorme».
Bolle, un ricordo personale.
«Nel 2016 venne a La mia danza libera,
il mio programma tivù. Mi colpì la sua disponibilità a mettersi in
gioco e sì, anche a prendersi in giro insieme con Virginia Raffaele. Poi
danzammo un passo a due creato per l’occasione. Ricordo che all’una di
notte eravamo tutti distrutti dopo una giornata di registrazioni. Partì
la sigla del programma, era Tu mi porti su, e lei come se niente fosse la ballò tutta. E noi a bocca aperta». Se
non ci fosse stata Carla Fracci, ci sarebbe stato Roberto Bolle? Non
come ballerino, ma come icona della danza anche per chi non ha mai visto
un balletto in teatro.
«Forse
no. In questo le devo tantissimo. Carla ha aperto la strada, ha capito
che la danza non poteva restare confinata nei teatri, ha ballato in
televisione, nelle piazze, sotto i tendoni. È diventata l’icona pop
della danza. In questo, ha segnato un’epoca. Anzi, l’ha anticipata».
Diceva che il balletto non poteva rinchiudersi nelle “scatole d’oro” dei teatri.
«Sono
totalmente d’accordo. E del resto il mio percorso è lì a dimostrare che
è quel che cerco di fare anch’io. O la danza riesce a coinvolgere un
pubblico nuovo, più eterogeneo, oppure non ha un futuro».
Quindi si rende conto che adesso l’icona della danza italiana è lei?
«Sì.
È una grande eredità e anche una grande responsabilità. Sono
consapevole del mio ruolo, le voci autorevoli nel settore non sono poi
tante. Io cerco di essere lineare e limpido, per dare un esempio ai
giovani, per difendere i valori della nostra arte e i diritti di chi ci
lavora. Che è poi quello che ha sempre fatto Carla Fracci».
Nel 2007 polemizzaste a mezzo stampa. Come e quando avete fatto pace?
«In
realtà non abbiamo mai litigato. La polemica fu amplificata dai media,
come spesso accade. Ma, visto che ero stato io a iniziarla, fui io a
telefonarle. Ci chiarimmo e il rapporto di stima reciproca rimase quello
di sempre. Negli ultimi anni avevo anche superato il timore
reverenziale per il mito e mi ero avvicinato alla persona».
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