Funivia Stresa-Mottarone, la confessione: «Così quella mattina bloccammo i freni»
«Tutti sapevano»
«Lo sapevano tutti», dice un Tadini molto provato, a partire da Nerini e Perocchio. I pm gli credono perché sarebbe illogico pensare che un semplice dipendente faccia da solo una scelta così rischiosa da cui non ha «alcun vantaggio». Nerini non è semplicemente il titolare. È «operativamente e quotidianamente convolto nelle operazioni di funzionamento» e ha un «interesse imprenditoriale ed economico» a forzare le procedure di sicurezza per non perdere i soldi degli incassi già falcidiati dal covid e non spendere per le costose riparazioni. Anche Perocchio, secondo la Procura,«era assolutamente consapevole delle anomalie che il sistema frenante presentava da tempo e dell’inutilità dei lavori effettuati in precedenza», come sapeva che «erano necessari interventi più radicali e che l’unico modo per aggirare gli inconvenienti» era «la manomissione del dispositivo di sicurezza».
La rottura della fune
Le indagini devono ancora chiarire attraverso i consulenti tecnici perché la fune di trazione si sia rotta. Al momento, quindi, non si può dire se tra rottura e freni bloccati ci sia un qualche nesso. «Resta indubitabile che, quale che ne sia stata la causa, la rottura del cavo trainante di per sé sola, non avrebbe determinato» l’incidente se i freni avessero potuto funzionare. Per gli investigatori, Nerini e Perocchio vanno tenuti in carcere perché potrebbero tentare di inquinare le prove accordandosi per «addossare tutte le responsabilità» su Tadini. Su tutti e tre grava il pericolo di fuga a causa delle probabili pene «elevatissime» in caso di condanna e degli enormi risarcimenti che non saranno coperti dalle assicurazioni, perché causati da delitti, e ricadranno anche sulle casse del Comune di Stresa, che viene individuato come proprietario dell’impianto.
Il rischio di altri reati
I tre potrebbero continuare anche a violare le leggi se rimanessero liberi: Perocchio dirige la funivia del Santuario Nostra Signora di Montallegro a Rapallo che, sottolineano Bossi e Carrera, è stata chiusa per manutenzione proprio dopo il suo arresto con una «coincidenza significativa e singolare», anche se il Comune ha smentito legami con quanto è accaduto; Nerini, che dimostra «insofferenza ad uno scrupoloso rispetto delle misure di sicurezza», sul Mottarone gestisce un altro impianto a rotaia, il bob estivo Alpyland, in cui si sono verificati due incidenti sotto indagine; Tadini potrebbe tornare a lavorare su altre funivie comportandosi allo stesso modo. Tutti hanno mostrato di poter commettere reati «di straordinaria gravità» a causa della «deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi frenanti per ragioni meramente economiche e in assoluto spregio delle più basilari regole cautelari di sicurezza». Norme che proteggono l’incolumità dei passeggeri e dei lavoratori, ma anche di chi «occasionalmente percorre il sentiero» al di sotto della funivia e non può rischiare la pelle se viene giù.
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