Il metodo di Draghi per cambiare la politica

È dunque un metodo istituzionale, nell’ambito del quale poi c’è lo stile politico di gestione. Per la prima volta da un po’ di tempo a questa parte sono tornati a palazzo Chigi i sindacati, per un confronto sul codice degli appalti, nell’ambito del quale Cgil, Cisl e Uil, e con loro Pd, Leu e Cinque stelle hanno ottenuto che dalla bozza di decreto venisse tolto il criterio di aggiudicazione al massimo ribasso per l’aggiudicazione dei lavori. Mentre sull’altro punto si è svolto un confronto tecnico su uno schema che prevede l’abolizione dei tetti dei subappalti, come prevedono le norme europee, in cambio di norme che garantiscono tutela ai lavoratori dal punto di vista contrattuale e della sicurezza.

Anche se il luogo dell’incontro e la formazione di Draghi come “Ciampi boy” possono avere una forza di suggestione evocativa, non è il grande ritorno della concertazione, che era un negoziato permanente nell’ambito della cornice della politica dei redditi. Così come, evidentemente, non siamo neanche di fronte al “commissariamento” della politica: uno decide, con la buona educazione di ascoltare gli altri. Si chiama “dialogo”, ed è forse un dovere di tutti, perché il governo, in questo contesto, non può non tener conto delle istanze del mondo del lavoro e i sindacati e loro, in questo contesto, non possono non tener conto della drammatizzazione di uno sciopero. Se un governo è forte, dialoga, senza farsi dettare l’agenda ma ricercando un approccio che sia il più unitario possibile. E se la sensazione è che l’agenda Draghi è sempre di più la sua agenda, e che su questi terreni si muova con assoluta dimestichezza, in un quadro segnato da uno sbandamento dei partiti – pensate a Salvini gioire per l’abolizione del massimo ribasso dopo aver chiesto la sospensione del codice degli appalti – c’è un punto delicato su cui questa agenda non prende ancora forma, come si è visto nell’ultimo vertice europeo: l’immigrazione, dossier non banale alla vigilia dell’estate. Che ha a che fare certo con Salvini ma soprattutto, se non governato, col tema più complessivo della tenuta sociale del paese. È un rischio che per ora aleggia ma che può divampare in tutta la sua incontrollabilità. 

L’HUFFPOST

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