Covid, quali sono le varianti più diffuse e quanto ci dovrebbero preoccupare
1 Che cosa è una variante?
La
variante è un virus che presenta un numero preciso di mutazioni
rispetto al ceppo originario. Ci sono migliaia di varianti in
circolazione fin dagli esordi della pandemia da coronavirus, ma la
maggior parte sono «neutre» perché non portano un beneficio al patogeno.
Altre potrebbero contenere caratteristiche più preoccupanti perché
aumentano la trasmissibilità di Sars-CoV-2, la patogenicità (inducendo
malattia più severa) o aggirano, almeno parzialmente, l’immunità
acquisita in seguito ad un’infezione naturale o al vaccino.
2 Quali sono le varianti che più preoccupano?
L’Organizzazione
mondiale della Sanità e il Centro europeo per la prevenzione e il
controllo delle malattie (ECDC)elencano quattro varianti che destano
preoccupazione, le cosiddette Voc (Variants of concern).
Sono la variante inglese (B.1.1.7)oggi dominante in Europa; la
sudafricana (B.1.351); la brasiliana (P.1), e il secondo ceppo
dell’indiana (B.1.617.2). Altre otto varianti (tra cui la nigeriana e
altri due ceppi dell’indiana) sono classificate di interesse (VOI).
Esistono ipotesi scientifiche, ma ancora incerte, che potrebbero avere
un impatto sulla trasmissibilità, gravità e immunità del virus. Sotto
monitoraggio un’altra ventina di varianti.
3 Quali sono le caratteristiche?
L’inglese e l’indiana hanno dimostrato di avere maggiore trasmissibilità;
l’africana potrebbe indurre un parziale effetto di «immune escape» nei
confronti di alcuni anticorpi monoclonali che potrebbe interessare anche
una lieve riduzione dell’efficacia dei vaccini; non ci sono invece
certezze che la brasiliana possa causare un elevato numero di
reinfezioni come emerso in un primo momento. Tuttavia le varianti che si
sono generate finora sono figlie naturali dell’adattamento del virus
all’uomo e nessuna di esse è particolarmente rilevante nel rendere i
vaccini approvati meno efficaci. Se non fermiamo la circolazione del
virus (grazie alla vaccinazione)non possiamo però escludere che in
futuro possa comparire un ceppo parzialmente resistente ai vaccini che
tenderebbe a diffondersi anche in un mondo vaccinato. Ma al momento
questa variante fortunatamente non c’è.
4 Quanto sono diffuse le varianti in Italia?
L’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità datato
18 maggio segnala che la variante inglese è ancora prevalente (88,1%),
ma in calo rispetto al 91,6% del 15 aprile. Cresce la diffusione della
brasiliana (al 7,3% rispetto al 4,5%). L’indiana è all’1% (identificata
in 16 casi totali). Nigeriana e sudafricana sono sotto l’1%. La
fotografia della diffusione delle varianti è tuttavia parziale perché
l’Italia sequenzia solo l’1% dei casi rispetto all’8-10% del Regno
Unito.
5 Perché si parla tanto di variante indiana?
Perché contiene due mutazioni già note: la E484Q e la L452R che per la
prima volta compaiono insieme. La prima aumenta la trasmissibilità di
almeno il 50% secondo i primi dati disponibili. La seconda potrebbe
conferirle il potere di aggirare l’effetto del vaccino.
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